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Da domani 22 gennaio, fino al 25, i potenti della terra si riuniranno a Davos. Tra le Alpi svizzere avrà luogo, il consueto appuntamento che da oltre 40 anni scandisce e indirizza l’agenda economica mondiale: l’annual meeting del World Economic Forum (Wef). Anche quest’anno il tema affrontato (vedi anche articolo “Quel mondo guidato dagli attivisti-Sri”) si presenta ambizioso: The Reshaping of the World: Consequences for Society, Politics and Business” (Riorganizzare il mondo: Conseguenze per la società, la politica e il business). I dibattiti si concentreranno infatti sull’esigenza di rinnovo che giunge dal contesto mondiale. «La comunità internazionale rimane ancora focalizzata sulla crisi piuttosto che essere orientata strategicamente verso i trend, i driver e le opportunità che spingono le trasformazioni globali, regionali e industriali», scrivono gli organizzatori nella pagina di presentazione del meeting.

In altre parole, è tempo di dare spazio ai trend che stanno rivoluzionando il mercato cambiandone i paradigmi, e sostituendo alle «tradizionali gerarchie i network di eterarchie (organizzazione di soggetti paritari ma attivi e coinvolti, in cui la “promozione” o la “discesa” qualitativa è decisa dal basso, ndr)».  In quest’ottica, il Wef dimostra di saper fare sul serio. Parlando di un mondo che sta cambiando,  porta nell’agenda dei potenti i temi della condivisione (“Come la Sharing economy sta cambiando i tradizionali modelli di consumo e produzione”, il 23 gennaio), dell’interazione a partire dalle soluzioni di crowdfunding (“The New Citizen, come le nuove frontiere del coinvolgimento civico stanno rimodellando la società, la politica e il business”, il 23 gennaio) e dell’Impact Investing con un seminario dedicato a “The Power of Impact Investing, come sta rimodellando le strategie societarie, le politiche pubbliche e lo sviluppo delle comunità?” (il 24 gennaio, scarica qui il programma).

E’ interessante rilevare che non si tratta di un exploit per l’occasione, un buon titolo per un seminario di un meeting lungo quattro giorni. Di impact investing il Wef ha infatti iniziato a occuparsene in maniera sistematica. Il primo esordio, con un report sul fenomeno a livello globale, fu lo scorso anno. Di recente, il Wef ha lanciato il Global Learning Exchange sul Social Impact Investing (Gle) e a dicembre 2013 ha pubblicato lo studio “From Ideas to Practice, Pilots to Strategy Practical Solutions and Actionable Insights on How to Do Impact Investing” (Dalla teoria alla pratica, una guida per pianificare soluzioni pratiche e informazioni sulla base delle quali si può comprendere come portare avanti investimenti a impatto sociale).

Un ampio report che, attraverso una serie di best practice, vuole fornire un punto di partenza e mostrare un percorso concreto per far confluire maggiori risorse verso l’Impact Investing. Che, ci tiene a  precisare il  Wef, non è come erroneamente pensano in molti una classe di investimento, ma un approccio al mondo della finanza che porta a compiere scelte di investimento finalizzate a produrre un impatto sociale e ambientale, che viene valutato e quantificato nel tempo.

I 15 articoli che lo compongono mostrano così in modo pratico come integrare questo approccio nelle pratiche di investimento tradizionali, una mappa concettuale che offre specifiche indicazioni sulle strategie di investimento, sulla scelta degli asset e sulla divisione del portafoglio, oltre che lumi su come creare sistemi effettivi di misurazione. Per farlo il Wef ha chiesto a chi si è mosso per primo in questa direzione  (tra cui per esempio JP Morgan Social Finance, SNS Impact investing, UK Cabinet Office e ImpactAssets) di condividere  esperienze ed errori.

Un percorso che richiede in primo luogo  che passi un messaggio chiaro sui vantaggi di una scelta di questo tipo, soprattutto a livello di top management. «La crescita dell’impact investing – sottolinea, per esempio, Gavin E.R. Wilson, della Ifc Asset Management – invece di ridurre i ritorni, aiuterà a sviluppare standard comuni, linguaggi e parametri misurabili  questi permetteranno di ridurre i costi delle transazioni e ne beneficeranno sia gli investitori, sia coloro su cui si investe, sia gli imprenditori sociali e i loro clienti». La strada è ri-orientare gli investitori istituzionali verso una cultura dell’investimento che crei valore e benessere nel lungo periodo, anche formando i diversi attori sui temi Esg, come sostiene David Wood della Harward Kennedy School.

La riflessione sull’Impact Investing è però iniziata ancora prima di questo lavoro. Già a settembre il  Wef aveva lanciato un ampio rapporto esclusivamente focalizzato sull’Impact Investing (“From the margins to the mainstream: Assessment of the Impact Investment sector and opportunities to engage main stream investors”) che offriva  una valutazione del mercato Sri e forniva consigli su come gli investitori tradizionali possono impegnarsi più attivamente negli investimenti a impatto sociale. Sono “bastati” 10.000 download in 15 giorni per far capire che i tempi erano maturi per una riflessione ancora più “operativa”.

Davos fa sul serio

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