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Il professore rientra e i montiani lasciano. L’ennesima giornata schizofrenica in Scelta civica porta in dote il passo indietro e poi in avanti di Mario Monti e le dimissioni di Gianluca Susta da capogruppo al Senato. Riunioni, vertici e documenti pro Monti dopo gli scatti pro popolari non appianano le divergenze. Nell’occhio del ciclone ancora una volta il ministro della Difesa Mario Mauro, accusato dall’area che ormai guarda più a Matteo Renzi di ordire trame popolari con i moderati del Pdl. Mauro sostiene la tesi che una separazione dall’Udc “non sarebbe una scissione ma un’espulsione” bella e buona. E ancora, ha ricordato che al Senato “ci siamo presentati agli elettori con un’unica lista”.

Vertice
Nel vertice di ieri pomeriggio a Palazzo Madama erano assenti Monti e Casini impegnati a Bruxelles (con Alfano) al vertice del Partito popolare europeo: ragion per cui al posto delle accuse e delle frecciate del giorno precedente, c’è stato un documento finale che conferma «il sostegno unanime al governo», accoglie le dimissioni di Susta da presidente. Ma che non risolve i nodi. E di fatto mette un freno alla strategia indicata prima dal direttivo martedì notte (e in seguito anche nell’assemblea con i coordinatori regionali mercoledì), ovvero il divorzio consensuale con l’Udc.

Muro centrista
Un passaggio su cui i popolari non convergono né condividono, anche in considerazione dei numeri. A Montecitorio Scelta civica gode della maggioranza dei montiani, con 40 deputati contro i 7 dell’Udc. Mentre al Senato così non è, con 12 senatori filo-governativi e gli altri a rischio gruppo misto. Intanto il prossimo martedì si terrà una nuova riunione per decidere chi sarà l’erede di Susta, alla presidenza dei senatori, una nomina da cui potranno essere più chiare strategie e ipotetiche scissioni. Indiziato numero uno Lucio Romano, in grado di soddisfare ben tre componenti: Italia futura con i montezemoliani, i centristi e il gruppo che si rifà all’ex presidente delle Acli Andrea Olivero. Ma ancora un nome neutro, mentre in molti propenderebbero per una scelta di campo, da un lato o dall’altro, per definire una volta per tutte alleanze e obiettivi.

Sintesi
Una sintesi tutt’altro che vicina dall’essere raggiunta, quindi, con una mancata chiarezza imputabile in primis proprio a Monti, che annuncia un disimpegno per poi rimettere tutto in discussione, “proprio come un temo faceva Berlusconi” commenta un montiano pentito. E mentre i popolari ancora mugugnano e si preparano ad osservare come evolverà l’ufficio di presidenza del Pdl, il portavoce nazionale di Sc Benedetto Della Vedova commenta: “Oggi i senatori di Sc non hanno scelto tra Mauro e Monti, ma tra Casini e Monti”. Un passaggio sui generis, detto da chi, nella veste di capogruppo di Fli, abbracciò il terzo polo proprio con l’Udc. E oggi lo respinge.

 

Monti rientra ma i montiani lasciano

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