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A 91 anni, è scomparso Peppino
Di Vagno-il cui padre, Giuseppe, fu vittima della violenza fascista, nei primi anni dello spietato regime di Mussolini- che entrò in Parlamento nel 1963, eletto nella lista del Psi alla Camera, nel collegio Bari-Foggia.

A Montecitorio, Peppino Di Vagno, deputato brillante e sempre elegante “bon vivant”, restò per 20 anni, fino al 1983, ricoprendo anche importanti incarichi di governo (sottosegretario al Mezzogiorno e agli Interni).

Di Vagno fu testimone di passaggi cruciali della vita politica italiana, nella Prima Repubblica, che molti, forse non a torto, cominciano a rimpiangere.

In primis, l’incontro riservato, nel 1971, nella sua casa romana, in via del Tritone, fra Giacomo Mancini, a cui Di Vagno fu sempre vicino, e Aldo Moro, in cui l’allora segretario del PSI offrì allo statista democristiano l’appoggio e i voti dei parlamentari socialisti per la presidenza della Repubblica. Moro ringraziò ma rifiutò perché “non voleva spaccare la Dc”. “I tempi non sono maturi”, scrisse nella lettera, che inviò a Di Vagno, per ringraziarlo dell’ospitalità. “Quella fu la giornata più storica della mia vita”, amava raccontare l’esponente socialista pugliese. Al Quirinale, con i voti determinanti del MSI e l’opposizione dei socialisti, del Pci e della sinistra dc, ascese un dc meno noto, il penalista napoletano Giovanni Leone. Mentre, 7 anni dopo, il leader democristiano di Maglie venne sequestrato e poi giustiziato dai terroristi.

E proprio Moro, nel 1978, prima di morire, scrisse, dal “carcere” delle Brigate Rosse, una delle sue discusse lettere proprio all’amico e corregionale, Di Vagno, pregandolo di insistere con il segretario del PSI, Craxi, e con Giacomo Mancini affinchè si opponessero alla “fermezza” della DC e del Pci e aprissero uno spiraglio utile alla sua liberazione. Purtroppo, prevalse la durezza cattocomunista e la vita di Moro venne sacrificata.

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato un sentito e non formale messaggio ai familiari e alla “Fondazione Di Vagno”, esprimendo”sincera commozione” per la scomparsa del “parlamentare, uomo di governo e appassionato esponente del meridionalismo, nelle file del Partito Socialista Italiano”. “La sua semplicità e cordialità umana” – ha aggiunto il capo dello Stato- “gli procurava larghe simpatie, anche nella sinistra di opposizione”. Anche la Fondazione, intitolata a Mancini, che fu uno dei più cari amici del politico pugliese, con una nota, ha voluto ricordare Peppino Di Vagno, formulando le condoglianze ai figli e ai tanti estimatori del dirigente di un socialismo, italiano e meridionale, che, purtroppo, non esiste più.

Pietro Mancini

Addio Di Vagno ! Quando Moro gli scrisse dal "carcere" delle BR

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