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Ieri è stato veramente il giorno del giudizio. Tutti ci aspettavamo l’imprevedibile, ma nessuno poteva realisticamente pensare che sarebbe finita così.

Ripercorriamo un momento le tappe. Berlusconi vede tradita l’alleanza con il centrosinistra sulle larghe intese e chiede la testa di Letta. Il partito si ribella e una parte vota la fiducia. Alla fine anche il Cav. cede. Se Berlusconi avesse votato la sfiducia il governo sarebbe diventato di centro-sinistra col trattino e i dissidenti sarebbero finiti come FLI.

Incredibilmente, invece, tutto è mutato all’improvviso. Angelino Alfano ha potuto rompere gli indugi: Berlusconi gli ha regalato il futuro. Il giovane rampollo, infatti, non si è distinto per tradire ma per sopravvivere. E il Cav. lo ha capito. La sua nuova leadership potenziale, tuttavia, non è grandiosa, non è trascinante, ma è stata sufficiente per smuovere Cicchitto, Quagliariello e company.

Ora si apre nel centrodestra, non solo nel Pd, un periodo pseudo congressuale. Volgarizzando significa una resa dei conti. La peculiarità, rispetto all’altra parte, è che qui c’è una disputa generazionale. Nel Pd a contendersi la guida sono già due giovani, si fa per dire: Cuperlo e Renzi.
Inoltre Berlusconi, da questa parte, ha vinto di nuovo, checché se ne dica. Perlomeno non è restato fuori partita, non è stato pensionato subito al domicilio obbligato. Egli guiderà il cambiamento mediante la garanzia dei fedelissimi.

Adesso, insomma, non è questione di scissioni, se ce ne saranno. Quello che veramente conta lo sanno tutti, incluso il Pd, è la sopravvivenza di un sistema democratico lacerato e di un Paese ormai morto.
Dobbiamo ricordare, al netto della situazione, che non esiste democrazia che funzioni senza due presupposti principali: la rappresentanza e l’identità. Per di più, non esiste democrazia senza antitesi chiara di almeno due soggetti in lotta tra loro per la maggioranza.

Il senso di tutto ciò è semplice.
La differenza tra un Pdl  per Alfano e uno per Berlusconi va benissimo, purché le loro figure siano rappresentative di rispettivi elettorati. Altrimenti è inutile. Il principio di rappresentanza è esattamente questo. Per conto di chi sei in ballo? Se si tratta solo di carriere personali, non lo pensiamo, allora è inutile aprire un contenzioso che si avvia già a essere lungo e doloroso. L’elettore si stufa e guarda altrove. Se, viceversa, vi è una distinzione politica tra due centrodestra, allora anche per la compagine alfaniana può esservi futuro, con o senza Berlusconi.

Certo, l’opportunità politica dello strappo è tutta da dimostrare. La coerenza da ricostruire. L’efficacia del governo Letta lontano da venire. Ed è bene che i nuovi pidiellini lo facciano subito, perché esiste anche il secondo principio, quello d’identità, che è ancora più importante del primo. L’operazione sostegno a Letta nel centrodestra può funzionare solo se non avviene una mutazione genetica verso sinistra analoga a quella di Fini. Qui torna in campo l’elettorato e l’antitesi. Per due decenni il centrodestra ha avuto Berlusconi e la sua mentalità come fattore identitario. Oggi questa soggettività è in declino. Ma la sua forza elettorale non può essere sostituita con un’identità opposta, istituzionalizzata e imbalsamata.

Si parla di una nuova Dc. Ebbene, è importante rilevare che per ora si vede solo doroteismo, ossia frammentazione e condominio di potere, e moroteismo, ossia silente adesione a sinistra. Non si vede, invece, l’essenza della proposta, senza cui non esiste possibilità di consenso.
Berlusconi è un’identità morente, ma per tanti elettori è ancora un’identità politica granitica. Forse il segreto è non rinunciare a quello che rappresenta, rinunciando alla persona, rendendola rappresentabile in altro modo, magari proprio da Alfano. In politica ibridare è perdere, rinnovare, invece, è sopravvivere e forse vincere. Tutto qua.

Che il Pdl vecchio e nuovo non dimentichi, dunque, la base e la natura antitetica della propria proposta politica. Altrimenti Berlusconi risorge dalle ceneri. E, cosa per nulla trascurabile, il centrosinistra vince.

Letta, Alfano e i dubbi sulla nuova Dc

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