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Nel Pd un “dibattito delirante”, con in evidenza solo gli endorsement e il “calciomercato” di chi sta con chi. Invece al partito occorre “iniziare una nuova stagione, per non far guadagnare di nuovo la destra”. Così il deputato Pippo Civati, candidato alla segreteria democratica, legge il momento politico del Pd: serve andare “oltre bandane, slogan e promesse”, sintomo di una vuotezza di contenuti, dice in una conversazione con Formiche.net.

Anche gli ex Popolari affiancano Renzi: adesso manca solo la data del congresso…
Francamente non si parla più dell’assemblea nazionale, anzi, in molti adesso discutono della data di possibili elezioni. Per cui mi sembra una situazione ancora in grande movimento, con gli schieramenti tradizionali in campo: Popolari contro Ds. A voler essere ottimisti siamo ancora al punto di partenza, a voler essere pessimisti è un dibattito delirante con in evidenza solo gli endorsement, come se tutto si riducesse alla realtà che conosciamo.

Cosa occorre invece?
Lo sforzo che dobbiamo fare è iniziare una stagione nuova, radicalmente diversa da quella di provenienza. Questa angoscia nel sapere “chi sta con chi” nasconde solo una vuotezza di contenuti sul dibattito politico, sulle scelte strategiche, sull’Imu. Proprio sulla tassa per gli immobili sono stato l’unico candidato alla segreteria ad esprimersi in termini duri, gli altri hanno accompagnato la cosa. Mi aspettavo di più nel commentare una contingenza che per noi è mortificante.

“Non basta un cacciavite – dice Renzi – ma serve una rivoluzione”: al di là di slogan e dibattiti su regole e date, non le sembra che il Pd stia perdendo l’occasione storica di evolversi?
La gara degli slogan è interessante e Renzi è un avversario temibile, lo dico senza ironia. Dopo di che la rivoluzione per me significa dire delle cose concrete, oltre che fare titoli. Vorrei un partito che si occupasse della legge elettorale, della legalità, di cosa produce questo governo. Su queste partite siamo sulle generali. Tutti propongono il rinnovamento, anche Cuperlo dice che “è ora di crederci” nel suo motto: come se fino ad oggi nessuno di noi ci abbia creduto. Il nodo è quale rinnovamento vogliamo, a quali elettori ci rivolgiamo, se abbiamo cura del risultato di febbraio o lo consideriamo solo un inciampo, per cui 4 milioni di elettori del Pd che hanno scelto Grillo diventano improvvisamente un non problema. Come sostiene Fitoussi nel suo libro “Il teorema del lampione”, credo proprio che siamo ridotti a un lumicino e, come dice un vecchio apologo, abbiamo smarrito le chiavi di sotto.

Basterebbe guardare altrove?
Le chiavi di lettura di questa rivoluzione cacciavitesca forse sono da un’altra parte. Ma conta moto anche la commistione tra politica e media. Oggi su Repubblica leggo che Cuperlo strappa l’appoggio di Marini, “il colpaccio”. E così si ricostituisce il tridente, con le altre due punte D’Alema e Bersani. Se questo è il calciomercato del Pd allora sono contento di non aver iniziato a segnalare i miei giocatori che non sono noti proprio perché altrimenti non ci sarebbe il ricambio.

Il Pd tra i partiti europei sembra quello che meno di altri esprime una posizione netta sul caso siriano (solo oggi si esprime D’Alema) o sulla crisi dell’eurozona: una defaillance significativa, o no?
Sull’Europa abbiamo ormai un atteggiamento religioso e pericoloso: l’Ue è fuori da noi, un luogo dove andare a chiedere qualcosa, pretenderle sarebbe troppo, e che ci impone delle scelte. Il dibattito lo fanno più coloro che vogliono uscire dall’euro, sbagliando di grosso intendiamoci. Ma è paradossale che non vi sia una riflessione più significativa.

Cosa accade nel resto del mondo, poi, interessa marginalmente…
Il mondo è scomparso vent’anni fa dall’Italia: si manifesta solo quando ci si occupa di immigrazione e in modo spesso sguaiato. Sulle dinamiche del Mediterraneo l’Italia sconta un ritardo culturale completo e lo dimostra come abbiamo affrontato tutte le crisi del nordafrica. Tutti mi chiedono solo della bandana di Renzi, che poi è una maglietta, invece se annunciassimo di voler aprire il congresso del Pd sui temi esteri che interessano non poco al nostro Paese faremmo un cosa buona e giusta. E forse vinceremmo anche le elezioni, invece così si emula l’effetto ’94 con la destra che incassa. La realtà è stravolta e a leggere i giornali ci si accorge che questo circuito politico-mediatico, di cui tutti parliamo sorridendo, si riduce all’autoreferenzialità. È un continuo costruirsi un genere letterario in cui siamo bravissimi, ma gli elettori ci hanno detto a febbraio di non gradirlo affatto.
twitter@FDepalo

Renzi, la bandana e Bersani spompo. Il Pd "delirante" visto da Civati

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