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Primarie aperte per candidato premier e segretario, dinamiche interne ai democratici, insidie sul percorso del governo e gli strascichi della sentenza Mediaset. L’ex leader della Cgil Sergio Cofferati, attualmente eurodeputato del Pd, “legge” il momento politico difficilissimo per l’esecutivo Letta e lo fa alla vigilia di una direzione del Pd che dovrà sciogliere nodi decisivi.

La Direzione di domani farà chiarezza sulle scelte del Pd?
La Direzione ha un obiettivo prioritario: definire tempi e regole del congresso, anche perché la discussione non si è chiusa la scorsa volta e adesso sarà indispensabile che sia portata a conclusione. Credo che le decisioni più efficaci siano l’avvio immediato del congresso alla ripresa di settembre e le regole che consentano di distinguere il ruolo del segretario da quello del candidato premier. Per entrambi occorre la legittimazione attraverso il voto aperto, quindi non solo gli iscritti ma anche i simpatizzanti.

Appoggia, quindi, la richiesta dei renziani?
È un passaggio in cui, per la verità, ho sempre creduto e che non ho mai nascosto. Secondo me se si differenzia la fonte di legittimazione, alla fine si ha inevitabilmente un soggetto più forte e uno più debole. Tra l’altro il candidato premier avrà comunque una platea più vasta, in quanto candidato espressione di una coalizione, si presume. Per questo motivo, a maggior ragione, è importante che il segretario sia eletto con una consultazione aperta.

C’è il rischio che il dibattito sulle regole metta in secondo piano il grande tema legato a Berlusconi?
Direi, guai se la contingenza politica mettesse in secondo piano il congresso, che va avviato. Poi, se lo scenario politico dovesse ingarbugliarsi, a quel punto nulla impedirebbe di fermare il congresso, ma a tutti sarebbe chiaro che si tratterebbe di un arresto funzionale. Se invece il timore di un avvitamento improvviso portasse a non fissare l’avvio congressuale nei circoli, tutti potrebbero sospettare – e io per primo – che sia una scelta strumentale.

In questo caso il Pd sarebbe pronto alle urne? E con quale candidato?
Se si dovesse interrompere per una ragione qualsiasi l’attività dell’esecutivo Letta, sarà il Capo dello Stato a decidere cosa fare ed è normale che in quel caso proverebbe a cercare l’esistenza di un’altra eventuale maggioranza.

Se non ci fosse?
Il ritorno alle urne sarebbe automatico e i partiti si dovrebbero attrezzare per farlo. Il Pd dovrà fare delle primarie di coalizione, alle quali potranno partecipare più candidati se il congresso avrà deciso la separazione dei ruoli. Qualora invece il congresso non fosse terminato, e fosse stato sospeso per l’incombere delle elezioni, credo che sarebbe cosa saggia utilizzare la modifica statutaria che era stata introdotta per consentire la corsa sia di Bersani, sia di Renzi.

Quindi primarie aperte e con più volti?
Non sarebbe indispensabile, ma il campo dovrebbe essere il più aperto possibile, in modo tale da offrire la possibilità di concorrere a chi lo desideri.

Chi voterebbe alle primarie?
Lo vedremo quando si celebreranno. La strada politica è lunga, ma potrebbe non essere lunghissima.

Come potrà il premier Letta proseguire nella sua azione di governo senza subire, nel merito e mediaticamente, la presenza di un alleato condannato?
Credo che Berlusconi non abbia alcun interesse a provocare una crisi di governo che discenda dalla sua condanna. Ma da qui in avanti la strada per l’esecutivo si fa difficile, perché mi aspetto rilanci e impuntature. Dunque il Pd dovrà attrezzarsi a dire anche dei “no” molto decisi, proponendo rapidamente la discussione sulla riforma elettorale.

twitter@FDepalo

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