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L’aria di rottamazione è arrivata fino a dentro le mura domestiche. Proprio così. Da giorni mia figlia, che della lingua sta apprendendo i primi suoni, e che sta iniziando a farne uso accordando l’ugola, ha sollevato questioni da farne un vero e proprio conflitto generazionale. Con l’aggravante che viene dall’autorevolezza dell’infanzia che è sempre ascoltata.
L’altra mattina, tanto per dire, ha manifestato una certa insofferenza riguardo l’asilo dove, evidentemente, non aveva voglia di andare, dicendo più o meno così: “Se si vuol far crescere il pil bisogna iniziare dagli asili”. Roba da far cadere i bigodini dalla testa di mamma e nonna, che i bigodini, peraltro, manco usano.
L’altra sera, poi, dato che il sottoscritto le aveva proibito di scarabocchiare le pareti, bianche, del salone è corsa a chiedere indulgenza tra le gambe della mamma. La mamma ha cercato di mantenere un atteggiamento “terzista”, giusto per non sconfessare il papà, e lei, la piccola, sebbene storpiando qualche sillaba, l’ha apostrofata duramente: “Una mamma che non cambia si chiama papà”. Roba d’amminchialire. E non è finita. Per placarla, cercando di evitare una deriva marcatamente rottamatoria, la si è assecondata accettando di vedere un cartone animato al posto di Ballarò. Appena però abbiamo proposto un classico di Walt Disney, lei, la piccola, prende e fa: “Walt Disney è il vecchio. Noi preferiamo i prodotti di animazione della Pixar. Quelli sì che producono s t u p o r e “.
Con la nonna poi, non ne parliamo. E’ sempre sotto esame. Pare le abbia rimproverato il fatto che una nonna è nonna solo se compra un giocattolo in più. Ecco, dunque, la vera rivoluzione. Altro che frange estremiste. Il pericolo viene dalle frangette.

Anche a casa si cambia verso

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