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Salgono le tensioni tra Washington e Berlino. Dopo il trambusto del caso Datagate e la rivelazione che il cellulare della cancelliera Angela Merkel sarebbe stato messo sotto controllo nell’ambito di uno dei programmi di sorveglianza della National Security Agency, gli Stati Uniti hanno apertamente criticato le politiche economiche della Germania centrate sulle esportazioni.

LA DIFESA DEL WALL STREET JOURNAL
L’accusa, rivolta dal dipartimento del Tesoro Usa nel rapporto semiannuale sulle valute, è che Berlino trascini al ribasso non solo i Paesi vicini dell’Eurozona ma anche l’economia globale.
Una critica che seppur ampiamente diffusa in Europa, specialmente tra gli economisti di scuola keynesiana, non convince tutti in America. In particolare è il Wall Street Journal a difendere la Germania, in un editoriale che spiega come sia “vero per definizione che le esportazioni di un Paese sono le importazioni di un altro“, ma che “all’interno di una zona di libero scambio con una moneta unica, le imprese competono sulla base del prezzo e della qualità“. E che Berlino raccoglie oggi i frutti delle riforme strutturali che altri Paesi europei continuano a non fare.

IL RAPPORTO DEL TESORO
Ma il rapporto del Tesoro Usa (leggi qui il testo integrale in inglese) parla chiaro. Il modello di crescita tedesco è il principale fattore responsabile della debole ripresa dei 17 Paesi che usano l’euro. E infatti gli Stati Uniti hanno posto la Germania – ancora prima di Cina, solitamente presa di mira nel rapporto, e Giapppone – tra i key findings, ossia tra i Paesi considerati problematici per l’America, come sottolinea il New York Times. Il Tesoro scrive che “il passo anemico della crescita della domanda interna alla Germania e la dipendenza dalle esportazioni ha pesato sul ribilanciamento in un momento in cui molti altri Paesi dell’Eurozona sono stati sotto una forte pressione per limitare la domanda e comprimere le importazioni al fine di promuove l’aggiustamento” fiscale.

Il focus su Berlino rappresenta un netto cambio di rotta dell’amministrazione Obama. Sin dallo scoppio della crisi del debito dell’Eurozona, nel 2010, i funzionari americani hanno evitato di esprime pubblicamente critiche verso la Germania dato il suo ruolo centrale nel tenere unito il blocco dell’area euro. Ma ora, complice lo scambio di “cortesie” sul Datagate, con la Merkel intenzionata a presentare all’Onu una risoluzione per normare a fondo l’attività di intelligence, Washington potrebbe aver deciso di prendere di petto le politiche tedesche perché, come sottolineato da Sergio Soave su Italia Oggi, “la stagnazione di una parte consistente dell’Europa consente alla Germania di contrastare la svalutazione del dollaro, che è indispensabile all’America per scaricare il peso del suo colossale debito, che è detenuto per metà dalle banche asiatiche, soprattutto cinesi e giapponesi“.

LA REPLICA DI BERLINO
Ma la nazione guidata dalla cancelliera Angela Merkel – come riporta la Bbc – ha definito “incomprensibili” le critiche sollevate da Washington. In una nota diffusa dal ministero dell’economia tedesco, si legge che “il surplus commerciale riflette la forte competitività dell’economia della Germania e la domanda internazionale per la qualità dei prodotti dalla Germania“. Secondo Berlino, che respinge al mittente le accuse, l’economia domestica è il fulcro della crescita tanto che investimenti e domanda dei consumatori in Germania stanno crescendo.

Perché Obama sculaccia giustamente la Merkel

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