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Andy Murray ha vinto Wimbledon. Lasciate stare quello che vi dicono i giornali, le radio e i siti web. E lasciate stare anche quello che leggete sul televideo, esoterico strumento d‘informazione che non guarda più nessuno.
Andy Murray non ha vinto in finale contro Nole Djokovic ma, date retta a me, contro Boris Becker e Pat Cash.
L’erba fine dei prati di Church Road ha fine memoria e le partite a Wimbledon, come nell’arena dei gladiatori, sono un conto aperto con la storia. Non fermatevi a ciò che avviene sopra, ma guardate sempre anche sotto il manto erboso. Sotto, sì, dove i ciuffi d’erba, sotto il manto che è allisciato per l’occasione, si tengono stretti e giocano. Inclinandosi a destra e sinistra, come le teste degli spettatori, a seguire il correre della pallina ora spinta dal colpo “toppato”, ora lanciata senza rotazione per scivolare sopra l’erbetta che ci mette il suo di zampino facendosi Parca e dirottando l’esito del contendere come si vuole là dove si puote.
Da un anno, Andy Murray è sotto le cure di Ivan Lendl. Il cecoslovacco che, come tutti i grandi e veri campioni, ha vinto tutto ma non proprio tutto. Perché i veri campioni sono quelli imperfetti. Sono i dottor B e non i Czentovič. Uomini del 900 in cui immedesimarsi, e non personaggi anonimi che, nonostante il ripetitivo e seriale successo, non somigliano ad altro che a fantocci che di ogni sport fanno caricatura. Il wrestling.
A Ivan il terribile, la moglie, che gli ha dato cinque figlie femmine, lo sa bene, mancava proprio il sigillo nel torneo inglese. E a Andy mancava proprio l’essere campione. L’entrare in campo tante volte in pochi giorni con la stessa mentalità, quella di chi sa di vincere. Di chi è sempre il solo favorito di se stesso. Disposizione mentale, questa, che non si compra come le palline da tennis, né s’incorda come la racchetta. Si elabora attraverso allenamenti, attraverso l’applicazione e il metodo. La disciplina col maestro. Con quell’esperienza del condottiero “anziano” che ha vinto e perso. E così, Ivan il terribile dopo che di lui le Parche vollero la beffa per mano di Becker e di Cash, gli hanno restituito l’onore e la gloria che valgono doppio perché restituiti quando i capelli del campione cecoslovacco sono ormai canuti e radi. Come l’erbetta a fondo campo il giorno della finale.

Andy Murray batte Becker e Cash e vince Wimbledon

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