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Fa sempre molto chic raccontare di quel giovane, oggi è un under 40, che dopo aver frequentato un corso di studi presso una scuola prestigiosa, prende, molla tutto, e se torna al paesello a coltivare la terra.
E’ tutto un riempirsi la bocca da destra e sinistra, per dirla con i più chicchissimi: a trecentosessanta gradi. Eppure l’élite, e a ruota, ammuccando la polvere del trascinamento a strascico, tutto il ceto borghese di complemento sempre più terziarizzato, non vedono di buon occhio l’avviare la propria prole all’imprenditoria agricola. E a riprova di ciò sentite il fatto.
Ero ad annoiarmi, pomeriggio dopo pomeriggio, nella forzata pausa d’Agosto al Sud, quando vengo interpellato da certo parentado per esprimermi in un parere a metà tra il serio e il futile chiacchiericcio di mezz’agosto, sull’orientamento scolastico del giovane rampollo. Questa parte del parentado fa parte dell’élite, e uno dei rampolli, il più giovane dei figli maschi, alla fine dell’anno scolastico in corso dovrà scegliere come proseguire gli studi dopo il conseguimento della licenza di terza media. Ora, dato che sono il più giovane dei vecchi, vengo scelto come interlocutore per un confronto con il giovane.
Gli chiedo, quindi, se si era già fatto un’idea di dove iscriversi. E lui, il giovane, imitando lo stesso sguardo, mediamente supponente dei genitori, calato all’interno della maschera d’ingenuità imposta dall’anagrafe, mi risponde sorridendo: – Al Liceo Scientifico -. Cui segue chiosa del genitore – E’ bravo in matematica – .
Ovvio, penso subito nella mia testa, che non si sarebbe trattato di un Liceo Scientifico qualsiasi. Che so, il primo dell’elenco o quello più vicino a casa. Sarebbe stato senz’altro il miglior Liceo di Milano. Quello che aveva trovato posto in testa alle classifiche stilate secondo le statistiche magnificamente celebrate da Marc Twain. Dato che dovevo interloquire, interloquii, più o meno così: – Ma che vai a fare allo Scientifico?; non puoi mica scegliere una scuola che ti impegnerà per cinque lunghi anni senza guardarti dentro e cercare di capire quali discipline veramente ti appassionano. Non puoi basare la tua scelta sulla predisposizione per i numeri. Devi riflettere più a fondo. Una volta mi avevi raccontato di quanto ti piaceva la campagna. Perché non hai pensato, ad esempio, di iscriverti all’Istituto Agrario? -.

U figghiolu mi guardò stupito. Per onestà rispetto alla proprietà dei termini direi amminchialuto. E cercava ulteriori spiegazioni. Certo, gli avrebbe poi fatto la tara filtrandole secondo i dettami impartiti dal mainstream domestico, ma voleva qualche spiegazione aggiuntiva. Io, che avevo visto la corteccia dell’ipotalamo brillare, sfruttai l’occasione di mettere una piccola tacca controcorrente sul tenero arbusto e proseguì: – Tu devi sentire a me. Prendi e t’iscrivi all’Istituto Agrario ma no a Milano, ti devi iscrivere qui vicino, al Sud, a Palmi ad esempio, in provincia di Reggio Calabria (precisazione geografica d’obbligo per i diversamente meridionali). Dal lunedì al venerdì stai a Palmi sulla splendida Costa Viola proprio sotto al promontorio dove Sant’Elia se la dovette vedere nientepopodimeno che con il Signor Diavolo, il quale, mentre se la strafotteva nel mare cadendo dal promontorio, ha lasciato su di un masso l’impronta delle tre unghie del suo diabolico piede come se la pietra fosse stata asfalto fresco.
Al sabato mattina, poi, te ne torni a Milano dalla famiglia. Insomma fai l’emigrato. Ma vuoi mettere, sei uno studente fuori sede, che dal Nord va al Sud per studiare. Agraria. Pensa alla sera del sabato quando andrai a qualche apericena o aperitivo, non so se a Milano si può usare questa così desueta terminologia che pure il correttore di word segna in verde, a quante attenzioni riceverai dai tuoi ex compagni che rimarranno a bocca aperta nell’ascoltare incuriositi, come le comari dietro alle cassine, i tuoi aneddoti gravidi di vita. Per non parlare poi delle ragazze. Con le fimmini, se saprai centellinare le informazioni e i dettagli dei racconti, lasciandole cuocere nel brodo della loro immaginazione ti toccherà avere un cambio intimo appresso perché ti staccheranno i vestiti a muzzicuna.

U figghiolo era ubriaco di risate nel frattempo e qualche nuvoletta sopra alla testa prese a comparire che lo raffigurava in uno stilizzato fumetto con la maglietta della salute presa a morsi dall’amichetta più disinibita. Di tanto in tanto andava allungando lo sguardo verso il padre che o non sentiva facendo finta di sentire o faceva finta di non sentire ma sentiva. Serissimo il genitore stava, elitario, sul divano in mezzo alla corrente d’aria che leniva lo scirocco con quella serietà del volto tipica degli schermi dei televisori di una volta quando li accendevi e comparivano i moschini.

U figghiolu prende e mi fa: – Ma che si studia all’agrario? All’agrario vanno tutti quelli che non vogliono studiare! –
Ecco, aveva centrato il punto il piccolo e vivace rampollo. Aveva individuato il tema dei temi in fatto di orientamento e istruzione. Altro che riforme, progetti POR, PON, e bim bum e pure bam. Altro che problemi di Ministero e di Provveditorati. Il problema è culturale. Come sempre. E sintetizzabile con la formula del: “fatti la nomina e ba curchiti” ovvero “fatti una buona reputazione e non pensarci più”. Al Liceo vanno i bravi, negli altri Istituti di Scuola Media Superiore vanno tutti coloro i cui genitori hanno meno a cuore il percorso formativo dei propri figli. E così se uno studia all’Istituto Agrario esce che è il più bravo degli scecchi, mentre se uno va male in un Liceo perché non studia sarà il più scecco dei bravi ma secondo la comune vulgata sempre meglio del più bravo degli scecchi, in quanto questo sempre scecco rimane.

Dato che però la domanda del giovane era pertinente e insidiosa, affidai alla maieutica qualche cartuccia di marketing cui le nuove generazioni sono particolarmente sensibili, specie quelli ad alta propensione alla spesa. E gli faccio: – Conosci Grom? – E lui prontamente: – Certo vado sempre a mangiare lì il gelato – . – Sai che scuola ha fatto uno dei due soci fondatori ? – E lui a bocca aperta : – No -. – Ha fatto Agraria, è enologo.
Sugli occhi gli si stampò un bagliore manco gli si fosse riflessa la cometa di Halley. Anche con gli studi di agraria si poteva, dunque, diventare cool, trendy e di successo. Si poteva far parte di quel mondo che piace alla gente che piace senza finire con un sacco di cemento fatto tipo barchetta di carta sulla testa a mo’ di berretto, con un guardaroba di sole camicie a quadri, e le dita delle mani destinate a non centrare più i tasti dell’i-phone. Anche iscrivendosi alla scuola, letteralmente parlando, più terra terra.
Ovviamente l’irruzione nel mondo dell’élite di un approccio alternativo, benché corredato da un’immaginifica descrizione con tanto di marketing al seguito, è durata il tempo della vita di uno spermatozoo. Di uno di quelli che non feconda e muore dopo, però, tanto divertimento.

Avete mai provato a suggerire una scuola a un rampollo dell’élite?

Fa sempre molto chic raccontare di quel giovane, oggi è un under 40, che dopo aver frequentato un corso di studi presso una scuola prestigiosa, prende, molla tutto, e se torna al paesello a coltivare la terra. E’ tutto un riempirsi la bocca da destra e sinistra, per dirla con i più chicchissimi: a trecentosessanta gradi. Eppure l’élite, e a…

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