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L’Italia mette al bando la speculazione nello scambio di derivati, e primo Paese al mondo, introduce la forma più aggressiva di Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie al vaglio dell’Unione europea e indirizzata agli undici Paesi dell’Eurozona. Una mossa, evitata in ogni modo da Francia e Germania sue forti sostenitrici all’inizio, che rischia di far crollare le operazioni finanziarie di Piazza Affari a tutto vantaggio della City.

La tassa sui derivati ad alta frequenza

Dal 2 settembre è infatti entrata in vigore l’imposta sulle transazioni su derivati ad alta frequenza (high-frequency trading o Hft), ovvero quel sistema di operazioni finanziarie elaborate da super computer di Borsa e che avvengono in millesimi di secondo, mentre gli altri Paesi europei, Francia e Germania in primis, se la ridono.

L’ampliamento della tassa sulle azioni ad alta frequenza

La mossa è un ampliamento di quella entrata in validità lo scorso marzo (tassa sulle negoziazioni Hft su azioni). La misura trova la sua applicazione nella Legge di stabilità del 2012 messa a punto dal governo Monti. E come deciso nella scorsa primavera, gli scambi ad alta frequenza vengono tassati con un balzello dello 0,02% (2 basis point) sugli ordini non andati a buon fine o modificati durante la giornata. L’aliquota sembra bassa ma in realtà viene applicata su volumi enormi di scambi.

Il passo indietro di Francia e Germania

Ma mentre l’Italia si diverte a fare la pioniera castigatrice della speculazione tramite derivati, a livello europeo la tassa è ad un punto morto. “Francia e Germania, alla guida degli undici Paesi che hanno sostenuto questa proposta, ne hanno decisamente preso le distanze – sottolinea Le Monde -. Banchieri, imprese e addirittura Bce hanno denunciato gli effetti perversi di questa tassa che, secondo i primi calcoli, avrebbe dovuto rastrellare dai 30 ai 35 miliardi di euro. Ma, per motivi politici, questo cantiere europeo della finanza rischia di trasformarsi in un’iniziativa nazionale.

Il crollo degli scambi azionari in Italia e Francia

Dal 2 settembre, l’Italia è il primo Paese al mondo ad applicare una tassa sulla pratica controversa del trading ad alta frequenza. “Secondo Reuters – evidenzia Le Monde – l’introduzione di questa tassa sullo scambio di azioni, a marzo, ha provocato un calo degli scambi del 30% a Piazza Affari. Ed è anche il prelievo sulle transazioni a rischiare di uscire seriamente ridimensionato, visto che stando alle stime più recenti sembrerebbe impossibile incassare più di 200-250 milioni di euro. In Francia una tassa tocca, dall’agosto del 2012, gli acquisti di azioni di società francesi la cui capitalizzazione di Borsa supera un miliardo di euro. E questa di è tradotta, secondo il gruppo Nyse-Euronext, in una caduta del 20% del volume delle transazioni su questi valori”. E la migrazione dei flussi finanziari è ancora più prevedibile se si considera che Gran Bretagna, Lussemburgo e Irlanda si sono ben guardati dall’applicare questo tipo di misure.

L’effetto Berlino sulla Tobin Tax

Qualsiasi sia, il risultato delle elezioni tedesche avrà nuove conseguenze sul dibattito. Se la cancelliera Angela Merkel ha mostrato poco entusiasmo su questo tema, il partito socialdemocratico di Peer Steinbruck sembra più favorevole. “Da parte sua – commenta il quotidiano – la difficoltà di Parigi è evidente. I dirigenti di Bnp Paribas, di Société Générale e di Crédit Agricole, che hanno incontrato il presidente francese François Hollande il 19 luglio, hanno espresso al capo dello Stato i loro timori sul tema, perché un consenso europeo su una tassa dei derivati sarebbe una catastrofe per le banche francesi leader in queste attività.”

Tobin Tax, Italia castigata castigatrice dei derivati

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