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La vicenda dello scorporo della rete Telecom infiamma i competitor e tira in ballo governo, Parlamento e Antitrust. Il viceministro allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni, Antonio Catricalà, si è detto sicuro dei frutti dell’operazione anche per lo sviluppo della concorrenza. Più cauto sugli obblighi regolamentari che il gruppo presieduto da Franco Bernabè dovrà affrontare si è mostrato invece il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, stretto nella partita delicata dell’unbundling.

I dubbi di Pitruzzella

In sostanza, secondo Pitruzzella lo scorporo della rete Telecom non deve essere un espediente per evitare obblighi regolatori: “Lo scorporo potrebbe essere un espediente per evitare obblighi regolatori che incombono – ha detto -. il Parlamento dovrà seguire con particolare attenzione questo tema perchè sulle modalità dell’operazione si gioca una parte importante del futuro”.

I frutti dello scorporo secondo Catricalà

Con lo sguardo già al futuro, invece, Catricalà: “La rete è un bene nazionale di valore strategico,  e se la governance è fatta in un certo modo non c’è bisogno della golden share””, ha sottolineato il viceministro, secondo cui la “separazione non è il migliore dei sistemi possibili ma darà frutti se realizzata con certe caratteristiche e la principale è l’effettiva neutralità della rete e la parità di accesso per tutti”. “Lo scorporo è uno di qui passaggi – ha sottolineato Catricalà – che in tutti i settori è ritenuto essenziale per lo sviluppo della concorrenza e delle liberalizzazioni e per l’intero sistema. Si è fatto per la rete del gas, non ancora per la rete ferroviaria”. Per Catricalà “occorre un quadro regolatorio certo che definisca i rischi giuridici di chi investe”.

Gli sconti regolatori chiesti da Telecom e il niet dell’Agcom

A voler mettere un punto fermo sul dibattito è stato anche il commissario Agcom, Antonio Preto, secondo cui l’autorità non è un mercante di tappeti, ma applica la normativa di settore sulla base dei fatti”. “Da una parte – spiega infatti Il Sole 24 Ore – c’è Telecom che ha testualmente messo agli atti che a fronte di un progetto cruciale e impegnativo come quello dello scorporo toccherà all’Agcom ‘il compito di mettere a punto una regolamentazione innovativa e che contemperi le esigenze di riconoscere un ritorno degli investimenti nelle infrastrutture, con norme più leggere che lascino maggior spazio al mercato’. Dall’altro gli operatori alternativi che a eventuali concessioni sul fronte regolatorio all’incumbent non ci stanno”.

Il nodo dell’unbundling

L’Autorità, prosegue il Sole, è ora chiamata a giocare, da subito, la partita dell’unbundling: il canone mensile che i concorrenti (Olo) pagano a Telecom italia per accedere alla sua rete in rame. Un ruolo scomodo, fra Telecom e operatori ai ferri corti sul tema della concorrenza, che per Telecom sarebbe avvantaggiata da questo processo di spin-off mentre, invece, secondo gli operatori, altro non è che un modo per prendere tempo e forzare la mano sul fronte regolamentare.

Le condizioni di Cdp e la maggioranza nella newco

Cassa depositi e prestiti intanto detta le condizioni per un suo potenziale ingresso nella società della rete che nascerà dallo scorporo dell’infrastruttura di Telecom Italia. “L’ingresso potrà avvenire se vi saranno garanzie che la società non sarà gestita per spremere la massima redditività a breve dagli azionisti, ma per fare investimenti necessari allo sviluppo della rete nonché tali da garantire un ritorno nel lungo periodo”, ha puntualizzato il presidente di Cdp, Franco Bassanini. “Per quanto riguarda dunque la governance della futura società della rete, non richiede necessariamente che Telecom Italia perda la maggioranza, ma questo è possibile, a detta di Bassanini, se chi decide sulle regole di accesso e sugli investimenti sia effettivamente indipendente e terzo”, ha sottolineato MF – Milano Finanza.

La Rete si scalda tra Telecom, Antitrust e Cdp

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