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Benvenuti ai nuovi osservatori del Consiglio Artico. Il ministro degli Affari esteri svedese, Carl Bildt, ha detto ieri che delle 14 richieste presentate da Stati e organizzazioni sono state accolte sei: quelle di Cina, India, Italia, Giappone, Corea del Sud e Singapore.

Il caso dell’Unione europea è ancora sotto riserve fino a quando le preoccupazioni dei membri del Consiglio non saranno sciolte, secondo una dichiarazione finale del summit svolto a Kiruna, la città più a nord della Svezia. L’Ue sarà osservatore temporale fino a quando non sarà risolto il contenzioso aperto dal Canada con Bruxelles per le restrizioni nel commercio di pelli e grasso di foca.

Secondo Euronews, i nuovi osservatori potranno partecipare alle riunioni biennali, con diritto di parole, e nei gruppi di lavoro in maniera permanente. Fanno già parte del Consiglio Artico: Canada, Danimarca, Stati Uniti, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia e Svezia. Altri sei paesi sono già osservatori, tra cui la Francia.

Cosa è il Consiglio Artico?

Il Consiglio Artico è una specie di forum internazionale nato nel 1991 che cerca di stabilire accordi per lo sfruttamento delle risorse energetiche dell’Artico. Come spiega oggi il Corriere della sera, “per gli esperti di geopolitica è il Nuovo Grande Gioco tra le potenze”.

Paradossalmente, ad aiutare questa missione è stato il climate change. Lo scioglimento progressivo dei ghiacci rende l’operazione fattibile da un punto di vista tecnico e anche sostenibile da quello economico. “Si calcola che nella regione più settentrionale del globo ci sia petrolio per 90 miliardi di barili e gas per 600 mila miliardi di metri cubici, vale a dire il 22 per cento delle risorse di combustibile fossile non ancora sfruttate”, ha ricordato il Corriere.

Riuscire a prendere quelle risorse, rispettando l’equilibrio dell’ecosistema, è l’obiettivo del Consiglio Artico. Per confermare la rilevanza che ha guadagnato l’organizzazione c’è la presenza del segretario di Stato americano John Kerry.

I vantaggi commerciali

Il Consiglio Artico non va soltanto dietro alle riserve petrolifere. La rotta artica tra l’Atlantico e il Pacifico permette di accorciare i tempi di dall’Europa all’Asia, evitando il percorso tradizionale attraverso l’Oceano Indiano, il Canale di Suez e il Mediterraneo per la navigazione commerciale. Le distanze tra i porti si ridurrebbero (da Shanghai a Amburgo la riduzione sarebbe di 2.800 miglia nautiche) con notevoli vantaggi economici.

Le proteste degli indigeni

Oltre a Greenpeace, fuori dal luogo dove è avvenuta la riunioni del Consiglio Artico, una ventina di organizzazioni indigeni artiche hanno protestato contro le decisioni di aumentare il numero di osservatori. Gli attivisti hanno diffuso una dichiarazione nella quale chiedono il divieto di estrazione per le imprese petrolifere nella zona marina e una moratoria per quelli in terra ferma.

“Il Consiglio Artico non è slegato all’ambiente, mantenere lo stile di vita degli indigeni. Credo che il fatto di sedersi nello stesso tavolo e imparare quali sono i veri problemi implica l’imparare anche da loro”, ha detto a Euronews il responsabile degli Affari esteri della Finlandia, Erkki Tuomioja.

Le novità del Consiglio Artico che apre le porte all'Italia

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