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Nel giorno che incoronerà Guglielmo Epifani alla guida del Pd, a fare rumore è il disimpegno di Matteo Renzi, uno dei candidati naturali alla guida del partito.

Il sindaco di Firenze non ha mai nascosto di preferire la premiership a un percorso politico; elementi che però si mescolano nel Pd, dove il coordinatore è per statuto il nome da spendere per Palazzo Chigi.
Dettagli forse, in un’epoca di partiti liquidi, ma più che i vertici del suo partito, il primo cittadino toscano pare snobbare proprio la sua base.

Secondo un sondaggio Demos, il 53.6% degli elettori del Pd vorrebbe Matteo Renzi segretario; al secondo posto l’attuale premier Enrico Letta col 25.4%.

Sul governo di larghe intese, in un’ intervista a Repubblica, Renzi spiega che ora bisogna partire “dal presupposto che questo governo c’è “ e che può essere “subìto o guidato. Se ce ne vergogniamo allora regaliamo a Berlusconi 12, 15 o 17 mesi di traino straordinario” anche perché “lui è già in campagna elettorale”. E “mentre studia come tornare a Palazzo Chigi, noi siamo sotto shock. Basta con la depressione. Guidiamo noi questo governo. Abbiamo già sprecato un calcio di rigore a febbraio scorso, non sbagliamone un altro”.

E a tirare il prossimo penalty, quello delle future elezioni, c’è da giurarci sarà proprio Matteo Renzi, che allora non si tirerà più indietro. Pd permettendo.

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