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Dopo giorni di discussioni sull’ondata dei cambiamenti nella politica italiana, Vincenzo Latronico, scrittore e critico d’arte italiano, si è trovato a scrivere di getto un libro sulle ultime elezioni politiche. Si sentiva confuso, sopraffatto dalla realtà: aveva paura di sostenere un argomento, che Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle fossero un nuovo problema e non la soluzione del problema, senza avere le prove. Così le ha prodotte narrativamente, ed è nato “La mentalità dell’alveare”, un “pamphlet di intervento politico in forma narrativa”, come lo definisce l’autore, che aveva già pubblicato “Ginnastica e rivoluzione” (2008) e “La Cospirazione delle colombe” (2011), sempre per Bompiani.

“La mentalità dell’alveare” racconta attraverso la storia di Camilla e Leonardo, due giovani militanti che vogliono costruirsi un futuro tra casa e lavoro, lo sviluppo di un movimento che diventa partito, vince le elezioni e governa l’Italia dal 2013 al 2015. Nonostante la buona fede di molti dei militanti, la Rete dei Volenterosi, così si chiama il movimento di Pino Calabrò (alias Beppe Grillo) e i suoi “calabroni”, diventa ben presto una specie di Inquisizione digitale che controlla la vita pubblica e privata dei suoi adepti. Trasformando il sogno di una democrazia trasparente e orizzontale in un incubo.

In un’intervista con Formiche.net, Latronico, classe 1984, indica quelli che considera i rischi della democrazia digitale, in virtù dei quali il calo elettorale del Movimento 5 Stelle può apparire a molti come una buona notizia.

Come spiegava ai suoi amici stranieri lo scenario politico italiano?

Spiegare lo scenario politico italiano a uno straniero, in generale, è al di sopra delle possibilità umane, o perlomeno delle mie. Ricordo che quando uscì Il Divo un’amica statunitense, cui l’avevo consigliato dicendole che era (quasi) tutto vero, mi chiamò sbalordita. “Tell me”, mi disse, “who the fuck is Cirino Pomicino?” A una domanda del genere non si può rispondere, non in meno di un anno o due.

E il Movimento 5 Stelle?

In Germania fra i miei amici era visto con simpatia, come una forza innovatrice e soprattutto di sinistra, cosa che, a leggerne solo il programma, si spiega facilmente. Prima delle elezioni faticavo a mostrare loro, diciamo, gli altri aspetti della situazione – le dinamiche interne che si vedevano sui forum, il clima di sospetto e di giustizialismo, la tendenza alla paralisi. Ora, certo, è più facile.

Il sentimento anti-sistema, euroscettico e anche un po’ populista sta aumentando con diverse sfumature in tutta Europa. Quali sono i rischi?

La mia paura non è legata a questo sentimento. Questo sentimento è in qualche misura naturale, oggi. La mia paura è la stessa che potrebbe avere un borghese del Settecento assistendo, dal suo bovindo in città, al “ghigliottinaggio” di un aristocratico. Magari se lo meritava, magari a te non toccherà mai, ma c’è qualcosa, nelle dinamiche “di folla”, che mi terrorizza: sfugge al controllo dei singoli, persino di chi si crede burattinaio, qualcosa che tira fuori il peggio da un gruppo di persone spesso oneste e benintenzionate. È questo che ho cercato di raccontare. Nel libro l’ho chiamato la mentalità dell’alveare.

Che pensa della rottamazione in politica?

La stessa cosa che penso della rottamazione delle automobili: dipende da cosa stai rottamando e da cosa prenderai per sostituirlo. Ma a guardare ai vertici dei principali partiti italiani, ecco, il parco auto non mi sembra proprio luccicante.

Che pensa di Gianroberto Casaleggio?

Ciò che Karl Kraus pensava di Adolf Hitler: niente. Nel libro, ad esempio, non c’è.

C’è polemica sull’uso della Rete da parte del M5S. Davvero democratizza o crea nuove forme di manipolazione?

È uno strumento fantastico (macché strumento, ormai è un pezzo di vita); ma ha delle caratteristiche che lo rendono più adatto a certe cose che ad altre, come tutto. I commenti, i forum, i like, i retweet – incoraggiano una discussione rapida, leggera, frenetica, e naturalmente (e giustamente!) libera e irresponsabile. Questo è perfetto quando si tratta di comunicare, di discutere; ma se a questa discussione si dà – senza una mediazione ponderata e rappresentativa – potere decisionale immediato (è l’idea di democrazia diretta) si ottiene un processo legislativo altrettanto rapido, leggero, frenetico e irresponsabile. Oppure – altro esito possibile di una discussione aperta e orizzontale e senza mediatori – la paralisi: che è ciò che stiamo vedendo oggi.

E come interpreta la questione del tempo in questi mezzi?

C’è anche il problema del tempo. I rappresentanti politici tradizionali sono tenuti a (e pagati per) approfondire, studiare, informarsi sui progetti di legge e le iniziative del governo. Il fatto che spesso in passato non lo abbiano fatto è scoraggiante, certo; ma almeno ne avevano i mezzi, cioè, principalmente, l’esperienza e il tempo. Ma il tempo oggi (specialmente per via della Rete!) è sempre meno: e quindi si favoriscono i messaggi brevi rispetto a quelli lunghi, le semplificazioni rispetto alle analisi, le accuse lapidarie rispetto alle difese circostanziate. Basta vedere le migliaia di commenti a un qualsiasi post del blog di Grillo per farsene un’idea. Questo non dipende tanto dalla natura delle persone, ripeto, ma proprio dal mezzo. Non credo che quelli che insultano e aggrediscono verbalmente la Gabanelli o Severgnini – per fare due esempi che mi hanno molto colpito – lo avrebbero fatto di persona.

Qual è il suo sentimento sul futuro italiano?
Personalmente, e non ne vado fiero, sono molto scoraggiato.

Vincenzo Latronico

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