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è “lobby” la parola della settimana per Aldo Grasso che, dalle pagine di IoDonna, la definisce così: “La parola è inglese ma deriva dal latino laubia e significa loggia, portico. Fu nel secolo XIX che il termine lobby venne a indicare, nella House of Commons, quella grande anticamera in cui i membri del Parlamento usavano radunarsi. Successivamente il termine venne attribuito alla zona del Parlamento in cui i rappresentanti dei gruppi di pressione cercano di contattare i parlamentari. Lobby, infatti, sta a indicare un insieme di persone legate da interessi comuni e in grado di esercitare pressioni sul potere politico: lobby dei banchieri, lobby del petrolio, lobby rosa, lobby gay. Un tempo, far pressione era un hobby, adesso è un mestiere: una lobby, appunto“.

E c’è da giurare che lobby sarà la parola d’ordine anche dei prossimi giorni. Soprattutto ora che il finanziamento pubblico ai partiti è (disegno di) legge e il dibattito impazza, con favorevoli, contrari, neutrali e attendisti, tutti contro tutti. Oggi ad esempio Andrea Fabiozzi sul Manifesto scrive della “scelta del Con­si­glio dei mini­stri che con­se­gna alle lobby il potere d’acqui­sto della poli­tica“.

Anche Laura Puppato a Radio Futura ha messo in guardia l’elettorato: “Dovremmo comunque mettere un tetto, altrimenti saremmo davvero soggiogati alle necessità del lobbista di turno“.

Posizione simile a quella del tweet di Gianni Riotta: “Negli Usa i privati e le lobby che influenzano la politica hanno distorto spesso la democrazia: una deriva su cui riflettere anche in Italia“. Di opinione diversa Luca Telese su L’Inkiesta: “meglio regole che lobbies per i partiti“.

Tra i neutrali invece il Ministro della pubblica amministrazione, che a margine del Consiglio dei Ministri ha dichiarato: “E’ necessario intervenire prioritariamente su tre aspetti: fissare un tetto massimo alle donazioni, fare altrettanto per le spese della campagna elettorale e, infine, far correre su un binario parallelo a queste norme una legge che disciplini le lobby”.

Sempre D’alia ha rilasciato qualche dichiarazione interessante anche prima che il dibattito sul finanziamento ai partiti monopolizzasse l’uso della parola lobby (e sterilizzasse momentaneamente qualsiasi riflessione seria sul tema). Le cose più interessanti il Ministro le ha dette in merito alla necessità di distinguere tra persone impreparate e lobbisti (Qui).

Da leggere anche un breve pezzo di Ruben Razzante, segretario dell’associazione Il Chiostro, su La Nuova Bussola Quotidiana. Titola così “Fare lobby è essenziale per la democrazia”. Non tanto i toni, ma i contenuti sono molto simili a quello che usò il 10 maggio Quaglieriello su L’Occidentale: “Lobby come democrazia”.

Chiave europeista invece per il pezzo di Segantini sul Corriere della Sera: “Lobby influenti nel Parlamento, ma a Bruxelles non facciamo squadra”.

Ultima la categoria “disinformazione”, che è sempre molto popolata. Questa settimana il premio se lo aggiudicano il post su Yahoo! Finanze e quello su “La legge per tutti“. Entrambi riprendono i contenuti (sbagliati) di un articolo pubblicato sull’online del Sole24Ore qualche giorno fa (ne parlo Qui). Articolo di commento su una presunta bozza che metteva il CNEL in pole position per gestire il traffico tra lobbisti. Una bufala, come gli articoli che lo riportano, per fortuna.

Lobby, la parola della settimana

è "lobby" la parola della settimana per Aldo Grasso che, dalle pagine di IoDonna, la definisce così: "La parola è inglese ma deriva dal latino laubia e significa loggia, portico. Fu nel secolo XIX che il termine lobby venne a indicare, nella House of Commons, quella grande anticamera in cui i membri del Parlamento usavano radunarsi. Successivamente il termine venne…

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