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La denuncia è stata fatta dalla Guarda costiera giapponese: tre unità della Marina militare cinese sono entrate ieri sera nelle acque territoriali dell’arcipelago giapponese delle Senkaku, di cui Pechino rivendica la sovranità.

Oltre ad incidenti militari senza conseguenze, la disputa sulle Senkaku ha provocato anche delle gravi ripercussioni economiche negli scambi commerciali e ha portato a un calo del turismo fra i due Paesi.

Tokyo – il cui governo ha ribadito più volte che la sovranità sull’arcipelago è una questione “non negoziabile” – ha autorizzato per la prima volta da undici anni un aumento delle spese militari per 440 milioni di dollari, innalzando anche il numero degli effettivi delle “Forze di difesa” di 287 unità.

Verrà inoltre costituita una task force speciale per la protezione delle Senkaku, formata da 600 effettivi e che comprenderà due portaelicotteri e dieci nuove unità (di cui quattro già in costruzione) da mille tonnellate; la flotta – operativa nel giro di tre anni – sarà di stanza a Ishigaki, a 175 chilometri dalla principale isola dell’arcipelago, Uotsurijima.

L’arcipelago delle Senkaku – disabitato e fino a poco fa proprietà di un privato giapponese – si trova nel Mar Cinese Orientale e rimase sotto il controllo giapponese dal 1895 al 1945; dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale ebbe amministrazione statunitense e nel 1972 venne restituito a Tokyo.

Dal 1971 la sovranità viene reclamata anche dalla Cina e da Taiwan: Pechino in particolare ne rivendica la scoperta (con la denominazione di Diaoyu) e l’amministrazione dal XVI secolo al 1895.

Ancora navi cinesi nelle isole Senkaku

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