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È difficile parlare oggi di Margaret Thatcher. Chi si schiera contro, a favore.
Io del di lei vivere traggo tre ovvie considerazioni per il nostro oggi.

Primo. Non è vero che Margaret Thatcher ha tagliato la spesa pubblica. Ha avviato un processo inesorabile, proseguito dal Labor di Blair, di taglio agli sprechi. Non di taglio della domanda pubblica alle imprese, quella che crea PIL ed occupazione dunque, ma di quei trasferimenti da cittadini contribuenti a impiegati corrotti o incompetenti ed aziende colluse e corrotte, somme che PIL e occupazione non generano.

Fatto ciò, eliminato il grasso, è rimasto il meglio. Il meglio di quella che oggi è una delle migliori pubbliche amministrazioni europee, vicina alle sue imprese, quella britannica. Che spende per beni, servizi e lavori più di noi italiani in percentuale di PIL. Che spende per domandare beni, servizi, lavori per la collettività e per sostenere la produttività e la competitività delle sue aziende.
Questa è una rivoluzione che è alla nostra portata, ed è quella dei Viaggiatori in Movimento.
Secondo. Non è vero che “non si può fare”. Che l’Italia “non ne uscirà mai”, che è finita. Non è vero. Il Regno Unito che prese in mano la Thatcher alla fine degli anni settanta era un paese in ginocchio, umiliato, incancrenito, nelle cui università i baroni non facevano ricerca né buon insegnamento, nella cui Pubblica Amministrazione i sindacati erano quasi esclusivamente a protezione della corporazione burocratica e non si interessavano di essere al servizio dei cittadini. Insomma simile per certi versi alla nostra Italia di oggi.

Si può dunque fare. È alla nostra portata.

Terzo. Che nessuno si azzardi a dire che la Thatcher oggi si sarebbe schierata col partito dell’austerità.

Non sapremo mai cosa avrebbe fatto o detto in questa crisi, se l’avesse dovuta gestire in prima persona. Una cosa la so però, per certo.

Quella degli anni settanta era un Inghilterra dove dominava il dogma che con politiche della domanda interna “pseudo-keynesiane” si sarebbe usciti dalla scarsa crescita, senza curarsi della crescente inflazione. E soprattutto senza rendersi conto che la crisi britannica (ed europea) era una crisi di offerta e non di domanda, di mancanza di competitività della struttura industriale britannica, di lacci a lacciuoli di una Pubblica Amministrazione che assomigliava tanto ad un ufficio complicazioni affari semplici invece che un elemento essenziale di supporto alle sue aziende.
E il merito di Margaret Thatcher fu duplice e molto semplice: capire le cause delle crisi e proporre soluzioni senza preoccuparsi minimamente che andassero contro il dogma dominante. Con convinzione e determinazione. Soluzioni, spesso giuste.

Oggi la crisi e la soluzione europea sono rovesciate rispetto ad allora: in Europa domina il dogma che con politiche dell’offerta ”pseudo-austere e riformiste” si uscirà dalla scarsa crescita, senza curarsi della crescente recessione ciclica e delle sue cicatrici permanenti su giovani e PMI. E soprattutto senza rendersi conto che la crisi europea odierna è una crisi di domanda interna e non di offerta, di mancanza di spesa pubblica vera, che poi rilancia credito, consumi ed investimenti privati, slegandoli dall’incantesimo perverso a cui li sottopone l’austerità.

Ecco oggi ci vorrebbe una Thatcher, un leader capace di comprendere le ragioni della crisi ed agire di conseguenza, indifferente alle critiche dello stupido dogma dell’austerità, imponendo le giuste politiche.

Sintesi di un articolo completo che si può leggere qui.

Bye Mrs. Thatcher, donna di successo che sarebbe servita all’Europa odierna

È difficile parlare oggi di Margaret Thatcher. Chi si schiera contro, a favore. Io del di lei vivere traggo tre ovvie considerazioni per il nostro oggi. Primo. Non è vero che Margaret Thatcher ha tagliato la spesa pubblica. Ha avviato un processo inesorabile, proseguito dal Labor di Blair, di taglio agli sprechi. Non di taglio della domanda pubblica alle imprese,…

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