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Il primo grande scoglio per il Partito Democratico è la fiducia del Parlamento al governo di Enrico Letta. E se dalle consultazioni con gli altri partiti è emerso un moderato ottimismo, è casa propria a fare più paura. Con il ricordo ancora alla mente del doppio fallimento di Franco Marini e Romano Prodi per il Quirinale, viene agitato, come ha fatto il lettiano Francesco Boccia, lo spettro delle espulsioni per i “traditori”. Così i dissidenti all’idea dell’inciucio con il Pdl come Laura Puppato, Pippo Civati e Corradino Mineo stanno progettando modalità di protesta alternative, come l’uscita dall’aula al momento del voto.

L’appuntamento al quale pensa il Pd

Ma anche se l’attenzione del Paese è ora sul tentativo di Letta e sulla possibilità che dopo due mesi dalle elezioni si formi un governo, nel Pd si pensa soprattutto ad altro. Dopo la debacle sul Quirinale e le dimissioni di Pier Luigi Bersani, c’è un appuntamento su cui fervono i preparativi: l’assemblea nazionale del partito sabato 4 maggio.

Si può aspettare fino al Congresso?

Come è successo con Dario Franceschini dopo la resa di Walter Veltroni nel 2009, potrebbe essere eletto in quest’occasione infatti un reggente. Il congresso, che avrà il compito di eleggere il nuovo segretario, in programma in autunno ma che verrà sicuramente anticipato almeno a settembre, se non prima dell’estate, è troppo lontano. E vista la crisi di identità in cui versa il partito, non basta un dimissionario Bersani fino a quella data ma serve una guida forte “adesso!”. Vi ricorda qualcosa? Sì, proprio quel Matteo Renzi dalla “sfrenata ambizione” (copyright Franco Marini) che ha già in mente (e già spiegato a Repubblica) come rifondare il partito.

La sintonia Letta-Renzi

Il sindaco in realtà, raccontano le indiscrezioni, è indeciso se giocare subito questa carta sabato prossimo o attendere ancora. Ma sarebbe proprio Enrico Letta a spingere perché a “tenere il partito in questa fase tumultuosa” sia lui. Si profila quindi l’asse Letta a Palazzo Chigi-Renzi nel Pd? Può darsi. Tra il premier incaricato e il sindaco c’è molta sintonia.
Letta l’ha citato nel suo discorso dopo aver ricevuto l’incarico da Giorgio Napolitano, Renzi ha sempre dimostrato “totale fiducia” nel suo esecutivo e l’ha difeso oggi dai dissidenti: “E’ sbagliato dire a prescindere ‘io non ti voto’. Invito tutti ad ascoltare Letta in Parlamento. E’ un tantino prematuro dire ‘io non ti voto comunque’, ‘allora io ti butto fuori’. Credo che la stragrande maggioranza del Pd voterà la fiducia. Se qualcuno non lo farà ci saranno le sedi per discutere del dissenso”, ha detto in un’intervista a SkyTg24.

Il fronte generazionale

E oltre a Letta, a tifare per Renzi leader del partito si sta costituendo un fronte generazionale che va dai Giovani turchi stile Matteo Orfini ai 40enni del Pd stile Filippo Civati. Anche big del partito come Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Dario Franceschini si sono arresi all’idea che sia “Matteo” ora la soluzione giusta per risollevare un partito in affanno (un sondaggio Swg per Agorà attesta un crollo di 5 punti per il partito che si attesterebbe al 22% mentre il Pdl vola al 27%).

Guglielmo Epifani possibile sfidante

Tutto sembra procedere verso un Pd a trazione renziana dunque? Sì, ma c’è chi sta correndo ai ripari. L’ala bersaniana del partito avrebbe un nome in mente per mettere i bastoni fra le ruote alle ambizioni del rottamatore toscano. Quello d Guglielmo Epifani, ex segretario generale della Cisl e neo deputato bersaniano. Due mondi totalmente diversi che potrebbero sfidarsi per la leadership di Largo del Nazareno.

Asse Letta-Renzi per il futuro del Pd?

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