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Non c’è nulla da sorprendersi. Negli Stati Uniti lo “spionaggio” che oggi scandalizza l’opinione pubblica non è un’invenzione del presidente Barack Obama né una conseguenza dell’11 settembre del 2001. È dagli anni ‘90 che le registrazioni telefoniche degli americani (e non solo) vengono monitorate come parte di un efficace sistema di sicurezza anti-terrorismo che ha dato non pochi risultati. Con queste affermazioni Carlo Pelanda, docente di Scenari globali della University of Georgia e dell’Università Guglielmo Marconi a Roma, ha spiegato come vede lo scandalo americano sulle registrazioni di telefonate e il monitoraggio dei server delle aziende rivelati dal The Guardian e dal Washington Post.

Una vecchia pratica

“Ci sono sistemi di sicurezza, non solo dal 2001, ma anche prima, che registrano le telefonate e offrono un’ampia copertura del traffico elettronico. Riconoscono parole chiave e timbri vocali. È una procedura che ha dato ottimi risultati, che vengono applicati in molti paesi occidentali a rischio di attacchi terroristici”, ha detto Pelanda. Questo controllo però, ci tiene a precisare, è su tutto il traffico delle comunicazioni e non su singole persone. Solo nei casi più delicati si attiva un protocollo legale che permette l’intervento di un operatore umano e si avvia una ricerca più approfondita su individui particolari.

“È dagli anni ‘90 che non esiste più la privacy. Si tratta di un sistema di protezione anti-terrorismo, molto intrusivo, che non colpisce però le persone a priori, ma monitorizza tutti. È una questione legittima, ma forse in questo caso qualcuno ha forzato i protocolli con finalità proprie, come succede da per tutto”, ha detto Pelanda. E allora, perché lo stupore? Perché nel sistema democratico americano si è molto discusso di questo tema e sta venendo fuori il confine grigio tra sicurezza e privacy, ha spiegato l’analista.

Lo “spionaggio” in Europa

È difficile dire se negli Stati Uniti c’è più o meno monitoraggio delle registrazioni telefoniche e come viene fatto, perché si tratta di informazioni riservate. Ma di certo viene fatto. “So di essere monitorato e questo mi dà sicurezza. Non è una scoperta l’esistenza del “God eye” come sistema anti-terrorista. Nel Regno Uniti ci sono ancora più controlli con telecamere nelle città già dai tempi dell’Ira negli anni ’90. Si sa ma non è un controllo sulle singole persone ma del sistema generale”, ha insistito.

Un altro colpo contro Obama?

Secondo Pelanda, questo scandalo non danneggerà ulteriormente l’immagine di Obama. Si tratta di una vicenda che riguarda il sistema istituzionale americano più che la figura presidenziale. “Dipende da chi lo attacca – ha aggiunto il professore – ma non lo stanno mettendo in difficoltà. Vogliono condizionarlo per ottenere qualcosa. Credo che le scelte in materia di sicurezza, e la conferma di Susan Rice e quel team ideologico al consiglio di sicurezza nazionale, siano stati criticati da alcuni settori. Come funziona in politica, vogliono costringerlo a rivedere le scelte. Non c’è nulla di destabilizzante”, ha detto.

Ecco come la guerra al terrorismo ci ha messo tutti sotto controllo

Non c’è nulla da sorprendersi. Negli Stati Uniti lo “spionaggio” che oggi scandalizza l’opinione pubblica non è un’invenzione del presidente Barack Obama né una conseguenza dell’11 settembre del 2001. È dagli anni ‘90 che le registrazioni telefoniche degli americani (e non solo) vengono monitorate come parte di un efficace sistema di sicurezza anti-terrorismo che ha dato non pochi risultati. Con…

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