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Di paragoni il Movimento 5 stelle ne ha ricevuti davvero tanti. L’ultimo in ordine di tempo arriva direttamente dall’America, dalle pagine del Washington Post, che lo definisce una sorta di “Tea party” in salsa italiana.

Il giornale statunitense va oltre, sostenendo che il partito di Grillo – già popolare negli Usa – somigli sì all’ala più populista dei conservatori a stelle e strisce, ma come se riunisse sotto la stessa insegna personaggi agli antipodi come il giornalista conservatore Rush Limbaugh e il documentarista democratico Michael Moore.

Un guazzabuglio?

Un raffronto che di certo non trova concorde Alberto Mingardi, direttore generale del pensatoio liberista Istituto Bruno Leoni, che in una conversazione con Formiche.net confuta la tesi.

UN CONFRONTO SBAGLIATO
Il paragone tra Grillo e Tea Party non regge – dice Mingardi, capo del pensatoio liberista – È vero che anche il Tea Party, come Grillo, fa un uso molto consapevole e avvertito di tutte le possibilità offerte dalla rete per organizzare persone a vantaggio di un obiettivo politico. Sia Grillo che il Tea Party incarnano una certa insoddisfazione per l’offerta politica, questo è vero. Ma le similitudini si fermano qua. E le differenze sono molto più rilevanti”.

MENO STATO VS… MENO SOLDI ALLO STATO
Cos’è che rende non comparabili i due movimenti? Per Mingardi, prima di tutto, “il Tea Party ha una ideologia chiaramente definita, e perfettamente inserita nella storia politica statunitense. Ciò che il Tea Party desidera è il rispetto pieno della Costituzione americana, il ritorno al governo limitato vagheggiato dai padri fondatori. Le singole prese di posizione del movimento possono essere più o meno coerenti con una agenda liberale. Sicuramente, si tratta di un movimento politico “di massa”, fatto di persone semplici, lontane dalle sofisticazioni degli intellettuali. Ma ciò che essi, tutti, desiderano è meno Stato e il ritorno a una interpretazione più stringente della Costituzione americana“.

E il movimento di Grillo? Secondo Mingardi “non ha una ideologia ben definita, e soprattutto non ha una proposta forte sul tema del rapporto cittadino-Stato. Il Movimento 5 Stelle inalbera idee confuse, chiede più trasparenza e una riduzione dei costi della politica, ma non certo meno intervento pubblico e più libertà economica“.

LA DIALETTICA CHE MANCA IN ITALIA
Le differenze tra Tea Party e Movimento 5 stelle non si esauriscono nell’agenda economica e vanno dritte al cuore del sistema politico dei due paesi, segnalando differenze enormi anche sul piano del confronto pubblico.

Per il direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni, “il Tea Party è inserito in un sistema politico a trazione bipartitica, e si situa coerentemente nel campo repubblicano”.

Le primarie – continua – consentono a coloro che si definiscono conservatori, ma non apprezzano i candidati dell’establishment del partito, di organizzarsi a vantaggio di candidati alternativi. Senza le primarie, i Tea Party non esisterebbero: perché sarebbe impossibile qualsiasi tentativo di una “Opa ostile” (così essi stessi la definiscono) sul loro partito di riferimento. I grillini sono un soggetto politico autonomo, e rifiutano la dialettica destra-sinistra“.

LINGUAGGI SIMILI, MA PROPOSTE DIFFERENTI
Se c’è un punto comune tra i due movimenti è l’uso di un linguaggio “colorito” e diretto, ma che a differenza del M5s è teso a costruire, come sottolinea Mingardi.

La somma di questi due fattori – l’avere una ideologia ben definita, l’inserirsi all’interno di un soggetto politico più grande – ha fatto sì che i Tea Party americani usino sì toni forti nella comunicazione, ma nello stesso tempo siano affezionati all’idea di offrire “soluzioni”, e non solo slogan. Le proposte dei loro parlamentari – per Mingardi – possono apparire “estremiste”: ma sono proposte, fra l’altro estremamente impopolari nel momento in cui spingono per pesantissime riduzioni della spesa pubblica.

Le soluzioni offerte da Grillo riguardano i parcheggi per le biciclette in ogni condominio e il wi-fi libero. È la rivoluzione di Maria Antonietta: al posto delle baionette, hanno le brioches (per quanto brioche di farina integrale a km 0!)”.

IL PUNTO DIRIMENTE? LA CONCRETEZZA
Si potrebbe dire che Grillo e i Tea Party hanno in comune la capacità di riavvicinare alla politica persone che da anni erano completamente indifferenti e non andavano più a votare.

Ma per il direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni “è opportuno guardare a ciò che ha costretto queste persone ad appassionarsi di nuovo alla politica: in America, lo sdegno morale per i salvataggi di industria automobilistica e banche “too big to fail”. In Italia, l’irritazione diffusa per “la casta”.

In un caso – rileva Mingardi – abbiamo un problema politico specifico, decisioni interpretate da molti come incoerenti con l’ispirazione più profonda del sistema politico americano. Nell’altro, un moto del cuore contro una classe politica indigeribile”.

“Proprio il fatto – conclude Mingardi – che questo sentimento d’indignazione abbia contorni molto più vaghi di quello osservato negli Stati Uniti fa sì che ci si accontenti di una proposta politica altrettanto vaga – e dunque, purtroppo, potenzialmente inconcludente.

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