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Ha ancora senso questa Confindustria? Un’organizzazione centralizzata e pesante come quella di Viale dell’Astronomia è un vantaggio o un ostacolo per il mondo imprenditoriale italiano? Se lo chiede dopo l’affondo del patron di Barilla all’associazione degli industriali, in una conversazione con Formiche.net, lo storico dell’economia e dell’industria Giuseppe Berta dell’Università Bocconi di Milano.

Il senso della concertazione centrale oggi

“Io credo alla rappresentanza degli interessi ma in quella che sta a contatto con le imprese. Questa macchina burocratica e centralizzata ha avuto il suo fulgore anni fa. Oggi la concertazione centrale non ha più senso, c’è da riattivare una dinamica positiva della produttività attraverso gli accordi di base”, spiega Berta. Lo storico quindi si dice d’accordo con la posizione di Guido Barilla, e va oltre, sottolineando che con lo scossone dell’addio a Confindustria l’ad di Fiat Sergio Marchionne non aveva torto. “Dobbiamo ancora ricorrere a quel tipo di mediazioni? Fiat, non a caso, non è uscita dagli schemi di rappresentanza locale. E’ di Roma che le imprese oggi non hanno più bisogno”.

Stop alla messa cantata di Confindustria

“Credo che la rappresentanza sia una dimensione fondamentale – aggiunge lo storico Berta – E’ ancora necessaria una organizzazione ma non lontana, una che possa raccogliere le istanze in un’attività di accompagnamento e di servizio che oggi non vedo in Confindustria”. A Torino ad esempio, osserva Berta, è nato un polo innovativo della Meccatronica che si occupa anche di auto e aerospazio e che consiste in una piattaforma in cui si convoglia ricerca e fondi dell’Ue, “puntando tutto sull’innovazione”. Secondo Berta è in questa direzione che bisogna muoversi. Non ha più senso “la messa cantata delle assemblee della Confindustria, tanto i soldi non ci sono”.

Lo scatolone di Viale dell’Astronomia

E come commentare le accuse di Barilla al conflitto d’interesse in Confindustria derivante dalla rappresentanza di aziende di servizi e utilities? L’attacco era diretto in particolare al settore energetico, aspetto che ha scatenato la replica dell’ad di Enel Fulvio Conti. “Per renderlo più grande, lo scatolone di Confindustria è stato riempito di cose eterogenee e così facendo il denominatore comune è sempre più sfocato. Ci vorrebbe un forte baricentro e un occhio alle imprese esportatrici e dinamiche come la Mapei di Squinzi, altrimenti si crea un blocco di voto che depotenzia le scelte federali. E’ importante, in sostanza, lavorare sul territorio dove le scelte si superano da sé”.

L’addio di Fiat Industrial? Scelta scontata 

Ma tra i big dell’industria italiana a far parlare oggi è sicuramente anche Fiat industrial. E la decisione del gruppo di quotarsi a Wall Street a seguito della fusione con l’olandese Cnh, puntando a Londra per la sede fiscale, secondo Berta era una decisione scontata. “E’ chiaro che una multinazionale fa i suoi interessi, e Londra è senza dubbio una grande piazza finanziaria e un fortissimo polo di attrazione, di certo non un paradiso fiscale. Non capire queste ragioni equivale a non capire il mondo contemporaneo, non si può guardare al campanile”, conclude lo storico.

Confindustria non ha più senso. Parola di Berta, storico dell'industria

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