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Malcolm. E se si chiamasse così il nuovo Papa? Malcolm I. Beh, diciamolo, è assai improbabile. Però la riflessione sul nome del nuovo pontefice non è solo un giochino fine a se stesso, ma è anche un’anticipazione su dove può andare la Chiesa. E con l’occasione si fa anche un po’ di chiarezza su nozioni e interpretazioni a volte superficiali e improvvisate. Malcolm è il nome del cardinale dello Sri Lanka, Albert Malcolm Ranjith Patabendige, per inciso un papabile, un candidato magari outsider ma non inverosimile. Se fosse eletto potrebbe cambiare nome, ma non è obbligatorio. E da qui la provocazione di Malcolm, la prima di questa breve riflessione. O magari un nome africano. Non è obbligatorio che il Papa assuma un nome nuovo, è una cosa che accade da un po’ più di un migliaio di anni (con qualche episodio precedente), probabilmente continuerà ad accadere, ma allo stesso tempo non è un dogma. E questo vuol dire che potremmo abituarci a nomi nuovi, e anche a nomi esotici: non per il gusto di eccentricità che coglie certi genitori italiani e occidentali, ma perché la Chiesa è universale, ed è sempre più probabile che vada in una direzione extra-europea. Con Papi che portano a Roma la ricchezza delle tradizioni vitali di un cattolicesimo non eurocentrico ma non per questo meno ortodosso. Anzi.

Nel nome di Pietro

Ma torniamo al gioco dei nomi. Formiche.net ha già scritto che qualche giorno fa l’agenzia di scommesse Stanleybet puntava su Pietro, era la scelta più quotata. Dietro questo nome impegnativo tante strane e convergenti circostanze, ma francamente mi pare più fantasia spettacolare che realtà. C’è chi dice che la scelta di tale nome impegnativo starebbe a indicare il ritorno alle salde fondamenta della Chiesa in tempo di tempesta. Altri la vedono del tutto al contrario e si fanno suggestionare dalla (falsa) profezia di Malachia, che indica il prossimo Papa come l’ultimo prima della persecuzione e della fine della Chiesa, e che si chiamerà Pietro romano. Sulla scia, si potrebbe ricordare che molti papabili si chiamano Pietro di nome proprio: Peter Turkson, l’africano da molti considerati un front-runner e il primo potenziale papa nero (ma siamo sicuri che non ce ne sia già stato ai tempi della Chiesa primitiva?); Peter Erdo, l’ungherese presidente della Conferenza episcopale europea e a sua volta front runner; Odilo Pedro Scherer, il brasiliano tedesco che avrebbe potenti sponsor; per non dimenticare Tarcisio Bertone, che di secondo nome fa Pietro. Beh, a mio avviso l’elezione di uno di loro darebbe molto da scrivere agli amanti del genere fantastico, ma che scelgano Pietro come nome di regno mi sembra assai poco verosimile.

Oppure Papa Francesco I

In tema di nomi nuovi qualche cosa potrebbe però accadere. Gira per esempio l’ipotesi di un papa Francesco I. In 800 anni nessuno ha mai assunto il nome del poverello di Assisi. Questo potrebbe essere un buon momento. Il fatto che la proposta sia stata pubblicizzata dai radicali, e da loro piegata alla loro visione non certo ecclesio-centrica, non giova a questa scelta, ma non bisogna nemmeno farsene condizionare. Francesco potrebbe venire da un cardinale legato a quella figura, e ce ne sono, come il citato cingalese Ranjith Patabendige o ancor più uno dei (non solo miei) favoriti, il cappuccino di Boston O’Malley. “Va’ e ripara la mia Chiesa” disse il signore a Francesco, e l’appello è ancora valido. C’è poi il segno della rinuncia alle ricchezze e la scelta decisa della purificazione e dell’umiltà. Insomma Francesco è un nome ben spendibile adesso.

Gli inediti

Ce ne sono anche altri di inediti e validi: Carlo e Giuseppe, ad esempio, in omaggio agli ultimi due pontefici. O qualche santo: Patrizio, ad esempio (17 marzo), se prevalesse il sangue irlandese di O’Malley (ma credo che anche lui sceglierebbe il nome in fondo all’articolo).

La soluzione più semplice

Ma dal 913 i Papi hanno sempre puntato su un nome di un predecessore. La soluzione più semplice è che sia così anche stavolta. Benedetto XVII ad esempio è una scelta facile, che segnerebbe la continuità con il cammino avviato ammirevolmente dal pontefice emerito cui circa due terzi dei cardinali sono molto legati (qualcuno ha calcolato che in conclave saranno 66 o 67 su 115 i cardinali di stretta osservanza ratzingeriana, per eleggere il Papa ne servono 77). Altri avanzano l’ipotesi di un Pio, ma non ne sono convinto, come non si sente parlare di un leone, per restare agli ultimi secoli. Non è da sottovalutare Gregorio, che richiama diversi grandi Papi riformatori, e al quale è legato un altro grande favorito, Angelo Scola, che a Gregorio VII intitolò il primo centro che fondò a Grosseto. Dall’Ungheria potrebbe arrivare uno Stefano.

Il nome più verosimile

Ma io vedo più elementi convergenti che potrebbero spingere in una direzione ben precisa. Siamo nel cinquantesimo del Concilio Vaticano II, che ancora fa discutere ma che nel cuore della Chiesa è invece vivo ben oltre le polemiche esterne tra progressisti e tradizionalisti. Questo anniversario, insieme comunque ad altri elementi di stima per i pontefici del Novecento, potrebbe spingere per un nuovo Papa Giovanni o Papa Paolo. Ma a questo punto perché non unire le caratteristiche dell’uno e dell’altro e rendere omaggio al più amato pontefice degli ultimi anni? Molti cardinali lo pensano. Il nome più verosimile potrebbe quindi essere Giovanni Paolo III.

Il gioco dei nomi sul futuro Papa

Malcolm. E se si chiamasse così il nuovo Papa? Malcolm I. Beh, diciamolo, è assai improbabile. Però la riflessione sul nome del nuovo pontefice non è solo un giochino fine a se stesso, ma è anche un’anticipazione su dove può andare la Chiesa. E con l’occasione si fa anche un po’ di chiarezza su nozioni e interpretazioni a volte superficiali…

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