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di Alessandro Marangoni, direttore scientifico di IREX Monitor, e CEO di Althesys Strategic Consultants.

L’Irex Annual Report 2013 fornisce un quadro dell’industria italiana delle energie rinnovabili nello scenario internazionale. L’analisi degli investimenti e delle strategie aziendali si unisce a una visione di sistema dell’intero settore italiano. La valutazione degli effetti delle politiche per le rinnovabili muta con la crescita del loro peso sul mix di generazione e con i cambiamenti introdotti dagli ultimi provvedimenti normativi.
Lo studio 2013 si svolge lungo cinque temi principali:
– il monitoraggio degli investimenti e delle operazioni di finanza straordinaria nel 2012, delineandone l’andamento nell’ultimo quinquennio e identificando i trend strategici più rilevanti;
– la stima degli economics delle rinnovabili in alcune nazioni europee secondo l’approccio LCOE-LEOE, esaminando anche le variazioni intervenute negli ultimi tre anni;
– le prospettive di mercato ed economiche delle rinnovabili in alcune aree extra europee ritenute tra le più attraenti per le loro dimensioni o per le potenzialità di crescita;
– gli effetti delle rinnovabili sul sistema Italia, tenuto conto del mutato quadro legislativo e del maggior peso assunto sul mix energetico nazionale;
– l’integrazione delle energie rinnovabili non programmabili (FRNP) nel sistema elettrico italiano, considerando la molteplicità di fattori coinvolti e le possibili azioni di market design.

La mappatura delle operazioni utility scale compiute nel 2012 mostra un’industria in profondo cambiamento, condizionata dagli ultimi interventi legislativi e che attraversa una fase di ripensamento strategico e di progressivo consolidamento.
Nell’ultimo anno si sono rilevate 217 operazioni pari a 10,1 miliardi di euro di investimenti e 7.729 MW di potenza. Sono aumentate le operazioni di crescita interna, salite di oltre il 30% sull’anno precedente per un totale di ben 6,1 miliardi di euro. Il fenomeno dipende da due fattori molto diversi. Da un lato vi è stata una forte accelerazione dell’eolico al fine di realizzare i progetti prima dell’entrata in vigore del nuovo sistema di remunerazione basato sulle aste. Dall’altro, è proseguita l’espansione delle nostre imprese all’estero. Gli investimenti italiani fuori dai confini nazionali sono infatti saliti del 55% rispetto al 2011, con un peso crescente delle nazioni extraeuropee. Il comparto fotovoltaico, dopo il boom dell’ultimo biennio, vede ridursi notevolmente il peso degli impianti utility scale e le imprese stanno cercando nuove aree di business.
Nel complesso il settore è caratterizzato da un processo di concentrazione, evidenziato anche dal marcato aumento delle acquisizioni, il cui peso sulle operazioni straordinarie è triplicato negli ultimi cinque anni. La crescita esterna nel 2012 ha contato in totale 72 operazioni, per un valore stimato di quasi 2,5 miliardi. Tale processo si è accompagnato a razionalizzazioni e interventi di recupero di efficienza nella gestione degli impianti.
Se l’internazionalizzazione è uno dei tratti salienti delle strategie delle imprese italiane, l’attrattività delle varie nazioni è però piuttosto differente. L’analisi degli economics in Europa, giunta alla terza edizione, evidenzia un quadro piuttosto eterogeneo e sensibili cambiamenti rispetto al 2011.
In quasi tutti i Paesi (Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Regno Unito, Romania e Spagna), sono intervenuti forti tagli o blocchi agli incentivi. Mentre i costi delle tecnologie continuano a scendere, quelli burocratici non calano. Il risultato è che nella maggior parte delle nazioni il rapporto tra LCOE e LEOE è fortemente peggiorato e, in alcuni casi, come in Spagna, i bassi prezzi dell’energia uniti all’assenza d’incentivi, bloccano gli investimenti. In generale, il quadro è negativo per il fotovoltaico per il quale, a fronte di una discesa media dei costi del 35%, i ricavi si sono quasi dimezzati (-46%). Una delle maggiori discriminanti tra i Paesi è il costo del capitale che fa crescere a dismisura il LCOE in nazioni, come la Grecia, altrimenti tra le più competitive. L’eolico risente meno del calo del LEOE, tranne che in Spagna, e in diversi Paesi come Romania, Danimarca e UK pare piuttosto redditizio.

Differente è il quadro al di fuori dell’Europa; il rapporto ha esaminato le prospettive e i profili economici di Brasile, Cina, Giappone, India, Marocco, Messico, Sudafrica, Turchia e USA. Sono aree di grandi potenzialità, sia per le risorse disponibili, sia per la crescita dei consumi, sia per il grado di penetrazione ancora ridotto delle rinnovabili. Le differenze in termini territoriali, normativi ed economici rendono però poco agevole una comparazione tra i vari Paesi e questa sintesi riporta solo alcuni tratti salienti.
La valutazione degli effetti della crescita delle rinnovabili sull’intero sistema italiano rimane al centro del dibattito politico e industriale.
L’analisi costi-benefici, che parte dal 2008 e abbraccia uno scenario al 2030, mostra un saldo positivo compreso tra 18,7 e 49,2 miliardi di euro. Tale risultato, nel minimo in linea con quello dell’anno scorso, sconta il minor valore che il mercato attribuisce al fattore ambientale. Il prezzo degli EUA ai quali è valorizzata la riduzione delle emissioni (fino a 83 milioni di ton di CO2 in meno al 2030), è infatti calato di oltre il 40% nel 2012. Sono però notevolmente cresciuti i benefici tangibili dovuti alla riduzione dei prezzi sui mercati elettrici (peak shaving) attribuibili al fotovoltaico, passati dai 400 milioni di euro del 2011 a oltre 1,4 miliardi di quest’anno. L’indotto e l’occupazione sono le altre principali voci positive del bilancio.

In questo quadro, l’integrazione delle FRNP nel sistema elettrico nazionale è un punto chiave della politica energetica. Il tema è assai complesso e coinvolge una pluralità di elementi:
– le reti di trasmissione-distribuzione;
– le soluzioni di accumulo;
– i mercati elettrici, in primis l’MSD;
– la capacità di riserva;
– gli scambi con l’estero.
Le prime analisi, seppur ancora preliminari e approssimative, parrebbero indicare effetti contenuti delle FRNP sul MSD. L’innovazione tecnologica e le scelte dei policy maker saranno fondamentali per l’integrazione delle FRNP e per uno sviluppo equilibrato del sistema elettrico italiano.

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