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La morte del presidente Hugo Chávez ha avuto una risonanza internazionale senza precedenti nella storia venezuelana. La sua storia, il progetto politico che ha fatto nascere, i suoi odi e le sue passioni, hanno oltrepassato le frontiere dell’America latina. Dalla Cina fino all’Argentina, non esiste un posto al mondo dove non si sappia chi è e cosa ha fatto Chávez. C’è chi lo ha usato come modello e chi invece lo ha fortemente criticato. Molto probabilmente le magliette con il volto di Che Guevara avranno un’altra icona concorrente: Hugo Chávez.

Ma perché Hugo Chávez e non, per esempio, il presidente boliviano Evo Morales o la brasiliana Dilma Rousseff? Gli esempi di leader rivoluzionari (ed esotici) abbondano nel continente latinoamericano. Ma l’attenzione verso il fenomeno Chávez ha una chiave geopolitica legata ad una preziosa risorsa che ha segnato il destino del Venezuela: il petrolio. Oggi dopo la morte c’è un grande interrogativo che coinvolge tutto il Paese ed è cosa succederà al prezzo del petrolio.

Nel 1960 il Venezuela è stato uno dei Paesi fondatori dell’Opec. Anzi, l’idea di creare un’organizzazione dei Paesi produttori è venuta proprio ad un venezuelano, il ministro del Petrolio Juan Pablo Pérez Alfonzo. Un uomo molto intelligente che aveva capito come la dipendenza dalle risorse petrolifere avrebbe portato il Venezuela alla rovina. Non a caso Pérez Alfonzo chiamava il petrolio l’“escremento del diavolo”. Allora il Venezuela era l’unico Paese non arabo a fare parte dell’Opec.

L’ultimo rapporto dell’Opec sostiene che il Venezuela abbia prodotto 2,379 milioni di barili al giorno durante il mese di febbraio del 2013 (nel 1999 produceva 3,5 milioni). Così è diventato il sesto produttore al mondo dopo l’Arabia saudita, Kuwait, Iran ed Emirati arabi. Se continua con questi ritmi il Venezuela sarà superato anche dalla Russia, il Canada e il Messico. Una media molto bassa rispetto alla capacità e alle risorse. Sempre secondo l’Opec il Venezuela è il Paese con più giacimenti petroliferi al mondo: 297.600 milioni di barili, molto più dell’Arabia saudita (265.400 milioni di barili), quasi il 20% della produzione dell’Opec.

Insieme al presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, Chávez aveva portato avanti una politica molto rigida di speculazione all’interno dell’Opec che consisteva nel mantenere alti i prezzi del petrolio grazie alla bassa produzione. L’Arabia saudita, con una linea molto più a favore dell’Occidente era sempre stata contraria.

In questo momento il prezzo del petrolio ha reagito con serenità alla notizia della morte del presidente venezuelano. Forse perché questo mese Nicolás Maduro, il successore nominato da Chávez, manterrà la stessa politica di riduzione della produzione. Il barile Brent, riferimento per l’Europa, ha ceduto soltanto un 0,2% (adesso è a 111,3 dollari) mentre lo statunitense WTI si è abbassato di 0,1% (90,7 dollari). Bisognerà aspettare la prossima riunione dell’Opec, prevista per il 31 maggio a Vienna, per capire cosa cambierà nel mondo petrolifero dopo la scomparsa di Chávez.

Ecco come la morte di Chávez influirà sul prezzo del petrolio

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