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Viene presentato domani, 12 marzo, a Venezia, nella prestigiosa sede dell’Università Ca’ Foscari, il XV Rapporto Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati. L’indagine, relativa al 2012, ha coinvolto oltre 400mila laureati post-riforma di tutti i 64 atenei aderenti al Consorzio interuniversitario – di cui è animatore il prof. Andrea Cammelli dell’Università di Bologna – che dispone, ormai da anni, di una banca dati on line, fornita di oltre un milione di curricula appartenenti ai laureati degli atenei aderenti, i cui rapporti con il mercato del lavoro vengono monitorati, tramite interviste, a distanza di uno, tre e cinque anni rispetto al conseguimento del diploma di laurea.

Le opportunità di laureati e diplomati

La partecipazione degli intervistati è stata molto elevata: i tassi di risposta hanno raggiunto l’86% per l’indagine ad un anno, l’80% per quella a tre e il 77% a cinque anni. Innanzi tutto, viene naturale, dovendo parlare di lavoro, chiedersi se laurearsi serve a trovare un’occupazione, in una fase di crisi profonda come l’attuale, in cui circolano molte leggende metropolitane secondo le quali non sarebbe conveniente proseguire negli studi accademici, ai fini dell’accesso al mercato del lavoro. Secondo le rilevazioni di AlmaLaurea la realtà è diversa. Nell’intervallo di età 25-64 anni la documentazione più recente conferma, infatti, che i laureati godono di un tasso di occupazione più elevato di oltre 12 punti percentuali rispetto ai diplomati.

Il peggioramenti degli esiti occupazionali dei laureati

Sarà pure un confronto in discesa, ma tra il 2007 e il 2012, la disoccupazione è cresciuta del 67% per i giovani di 25-34 anni mentre è cresciuta del 40% per i laureati della medesima età. L’analisi dei principali indicatori relativi alla condizione occupazionale dimostra, tuttavia, come nell’ultimo anno si sia registrato un ulteriore deterioramento delle performance occupazionali dei laureati. Deterioramento che si riscontra non solo tra i neo-laureati, i più deboli sul fronte occupazionale perché con minore esperienza, ma anche tra i colleghi laureatisi in tempi meno recenti. Sia ad uno che a tre anni dal titolo, infatti, il confronto con le precedenti rilevazioni evidenzia un generale peggioramento degli esiti occupazionali.

la disoccupazione in base al ciclo di studi

Rispetto alla precedente rilevazione l’area della disoccupazione risulta ampliata, con rilevanti differenze in funzione del gruppo di corso di laurea, del genere e della circoscrizione territoriale, in tutte le fasce di popolazione esaminate. Ad un anno dal titolo +3,5 punti tra i triennali, +1 punto tra i biennali specialistici/magistrali, +2 punti tra i colleghi specialistici a ciclo unico. Ciò si traduce nel superamento della soglia del 20% riscontrabile per ciascuno dei collettivi esaminati. A tre anni dal titolo l’aumento della disoccupazione è di 2,5 punti tra i triennali, 1 punto tra gli specialistici e 2 punti tra i laureati a ciclo unico; il tasso di disoccupazione è per tutte le categorie superiore al 10%. Seppure il quadro qui delineato risulti in parte influenzato dalla mutata composizione dei collettivi nel corso del tempo (ad esempio, tra i laureati a ciclo unico hanno assunto un peso crescente i laureati in giurisprudenza, caratterizzati da elevati tassi di disoccupazione), è comunque generalmente confermato a livello di percorso di studio, area geografica di residenza e genere, confermando le – già citate – crescenti difficoltà dei laureati.

Gli anni di attesa post-laurea

È bene sottolineare che per i laureati intervistati a cinque anni dal titolo il tasso di disoccupazione si riduce a valori “fisiologici” (6%), nonostante la crisi. Questo è sicuramente un dato positivo – è una nostra considerazione – perché dimostra che, nella generalità dei casi, la crisi economica ritarda l’accesso al lavoro rispetto a tempi di attesa in precedenza più brevi, ma che, trascorsi questi anni di difficoltà maggiore, i giovani laureati trovano un impiego.

Il 90% dei laureati lavora 5 anni dopo la fine degli studi

Resta altrettanto vero che ad un anno dal titolo gli occupati (comprendendo anche coloro che sono in formazione retribuita), seppure in calo, sono attorno al 70 per cento fra i laureati di primo livello, al 72 fra quelli specialistici e al 60 per cento fra gli specialistici a ciclo unico. Non si dimentichi che fra questi ultimi il tasso di occupazione è più basso perché più elevata è la quota di quanti risultano impegnati in formazione non retribuita (soprattutto fra i laureati del gruppo giuridico). A cinque anni, l’occupazione indipendentemente dal tipo di laurea è prossima al 90 per cento. Un dato, questo, che merita di essere segnalato a fronte delle tante leggende metropolitane che accompagnano, spesso caricandolo di retorica, il dibattito sull’occupazione giovanile.

I contratti più in uso

La crisi fa sentire il suo peso sulla qualità del lavoro. Con la sola eccezione dei laureati specialistici biennali ad un anno, anche il lavoro stabile (contratti a tempo indeterminato e da attività autonome vere e proprie) si riduce rispetto alle precedenti rilevazione ad uno e tre anni dal titolo. Alla contrazione della stabilità lavorativa si associa un aumento delle numerose forme di lavoro atipiche o precarie.

Il lavoro nero

Ciò che preoccupa maggiormente, però, è l’incremento generalizzato del lavoro non regolamentato, in particolare tra i neo-laureati. Per alcuni percorsi di studio, soprattutto quelli che conducono tipicamente alle libere professioni, l’attività non regolare pare essere una prima, quasi obbligata, tappa del percorso di inserimento nel mercato del lavoro. Anche per quanto riguarda la stabilità del lavoro, tra uno e cinque anni dal conseguimento del titolo si evidenzia un generale miglioramento; la stabilità si dilata infatti fino a coinvolgere 7 occupati su 10 (tra i triennali quasi 8 su 10): un dato di cui è opportuno prendere nota.

Le retribuzioni medie

La retribuzione ad un anno, complessivamente, supera di poco i 1.000 euro netti mensili: in termini nominali 1.049 per il primo livello, 1.059 per gli specialistici, 1.024 per gli specialistici a ciclo unico. Rispetto alla precedente rilevazione, le retribuzioni nominali risultano in calo, con una contrazione pari al 5% fra i triennali, al 2,5% fra i colleghi a ciclo unico e al 2% fra gli specialistici biennali. Con tali premesse, è naturale attendersi un quadro ancor meno confortante se si considerano le retribuzioni reali, ovvero se si tiene conto del mutato potere d’acquisto: in tal caso, infatti, le contrazioni sopra evidenziate crescono fino all’8% tra i triennali e al 5% tra gli specialistici, ciclo unico compresi. Se si estende il confronto temporale all’ultimo quadriennio (2008-2012), si evidenzia che le retribuzioni reali sono diminuite, per tutte e tre le lauree considerate, del 16-18%.

Stipendi in calo

L’analisi circoscritta ai soli laureati che lavorano a tempo pieno e hanno iniziato l’attuale attività dopo la laurea, seppure innalzino le retribuzioni medie mensili a quasi 1.200 euro per tutti i collettivi in esame, conferma le contrazioni qui evidenziate eccetto che per i laureati specialistici. A tre anni dalla laurea i guadagni oscillano attorno ai 1.200 euro mensili e la contrazione delle retribuzioni, rispetto alla precedente rilevazione, varia tra il 7 e il 9%. A cinque anni le retribuzioni nette mensili si attestano a circa 1.400 euro mensili (con forti disparità per livello e percorsi di studio, genere, ripartizioni territoriali).

Occupazione per laureati triennali e specialistici

I principali indicatori relativi all’inserimento occupazionale rilevati da Almalaurea nel corso degli ultimi 15 anni mostrano un progressivo peggioramento delle condizioni lavorative dei laureati a partire dai primi anni 2000. Tutto ciò, tra l’altro, senza particolari distinzioni tra laureati triennali, specialistici e pre-riforma, contrariamente a resistenti luoghi comuni che vedono i laureati del 3+2 e, in particolare, quelli di primo livello meno appetibili agli occhi dei datori di lavoro. A parità di condizioni, infatti, i laureati triennali ad un anno dalla laurea hanno una probabilità di occupazione più elevata di quelli specialistici.

Un mercato del lavoro dai tempi lunghi

Si deve qui ricordare che, con il trascorrere del tempo dal conseguimento del titolo, la condizione occupazionale tende complessivamente a migliorare sotto tutti gli aspetti considerati, confermando che il nostro è un mercato del lavoro che si caratterizza per tempi lunghi di inserimento lavorativo e di valorizzazione del capitale umano, ma di sostanziale efficacia nel lungo termine. Il Convegno sarà
concluso da un intervento da Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia, la sola istituzione rimasta operativa (insieme alla Presidenza della Repubblica) in questo delicato momento politico.

La radiografia dei laureati italiani secondo Almalaurea

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