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La guerra monetaria non esiste. Il weekend dei ministri delle Finanze e dei banchieri centrali riunitisi a Mosca per il G20 si è chiuso con questa considerazione. Il niente, quindi, è frutto di un accordo. Ma il fermento monetario tocca le sponde del Pacifico, su entrambi i fronti, e si lascia trascinare fino alla Manica. Dopo il protagonismo dello yen, il cui valore è stato posto al ribasso per combattere la deflazione, a perdere forza è la sterlina britannica: secondo il Financial Times, è la seconda tra le principali valute globali sulla quale si concentrano le puntate al ribasso degli speculatori, dopo la divisa giapponese.

Un canadese alla Bank of England

Pesano le performance deludenti dell’economia del Regno, e i timori di tagli di rating, ai quali si aggiungono le attese sul fatto che il nuovo governatore della Banca d’Inghilterra, Marc Carney, un reclutamento inconsueto da parte di Londra in quanto proveniente dalla Banca del Canada, e che infatti deve prendere la cittadinanza britannica, avrà una linea più morbida del già accomodante Mervyn King.

Le aspettative degli investitori 

E così, riporta il quotidiano, la quota di investitori speculativi che puntano su ribassi del “pound” supera quella di coloro che scommettono sull’opposto, secondo i dati dalle Us Commodity Futures Trading Commission. Si tratta di cifre che molti nel settore degli hedge fund utilizzano come punto di riferimento per il settore.

La svalutazione della sterlina

La sterlina ha imboccato una tendenza ribassista da molti mesi rispetto a euro e dollaro, che tuttavia si è marcatamente accentuata dall’inizio dell’anno. Dagli 1,23 euro circa cui si attestava a dicembre è scesa al di sotto di quota 1,16 nelle ultime sedute, e oggi si attesta a 1,1587 euro. Rispetto alla valuta americana, la sterlina si attestava al di sopra di 1,60 dollari a fine 2012, mentre ora è caduta sotto 1,55 e oggi si attesta a 1,5468.

 

Chi vanta la moneta più moscia tra Cameron e Abe

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