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Grazie all’autorizzazione dell’editore, pubblichiamo l’articolo di Gianluca Zapponini comparso sull’edizione odierna del quotidiano MF/ Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi

La vicenda in sé è destinata a sparigliare le carte in tavola. Tutto risale a qualche giorno fa, quando l’Agcom presieduta da Angelo Cardani ha dato via libera a PolitApp, l’applicazione per smartphone messa a punto dalla triestina Swg per permettere agli utenti che la compreranno di conoscere tutti i sondaggi relativi ai risultati delle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio.

Fin qui niente di strano, non fosse che i dati saranno consultabili a tempo di clic anche durante i 15 giorni antecedenti il voto. Vale a dire in quel lasso di tempo in cui, secondo l’articolo 8 della legge 28 del 2000, è vietata la pubblicazione di sondaggi da parte dei mass media, così da non influenzare le opinioni dell’elettorato. E qui viene il punto. Secondo l’Agcom, gli smartphone non sono classificabili tra i mass media, al pari di giornali, radio e tv, nonostante l’Italia sia tra i primi Paesi in Europa per la loro diffusione. Di conseguenza potranno diffondere sondaggi anche nelle due settimane di coprifuoco.

Il quadro fin qui delineato lascia aperte delle questioni su cui MF/Milano Finanza ha sentito il parere di più esperti. Innanzitutto è giusto considerare uno strumento diffuso come lo smartphone fuori dal perimetro dei mass media? Secondo alcune fonti vicine all’Agcom sì, dal momento che il servizio, essendo accessibile unicamente da coloro che, di propria iniziativa, decidono di scaricarla sul cellulare, per di più a pagamento, si rivolge a un target molto circoscritto.

Una visione condivisa anche dai diretti interessati. «Il vero elemento discriminante», spiega Enzo Risso di Swg «è il pagamento: di fatto, al momento in cui si carica l’app scatta un contratto tra noi e il cliente che paga il servizio. Anche per questo non si può parlare di mezzo di comunicazione di massa». Altra questione sono le eventuali ripercussioni sui media tradizionali.

Per Filippo Sensi, giornalista, esperto di telecomunicazioni nonché animatore del blog Nomfup, la decisione dell’Agcom «potrà avere anche un impatto negativo sui media tradizionali, che dovranno in qualche modo raccogliere rispondere alla sfida». Sensi, sottolineando il ruolo sempre più centrale dei sondaggisti nell’ambito delle competizioni elettorali, riconosce tuttavia un discreto vantaggio a tutti quei media che hanno già «intrapreso la strada delle applicazioni su smartphone».

Un ultima osservazione va fatta in merito alla presunta influenza sul voto da parte dei sondaggi, che come detto è proprio il motivo dello stop alle pubblicazioni a ridosso delle urne. Ancora Risso. «Francamente non ci vedo nessun tipo di influenza. Noi ci limitiamo a dare conto di quello che succede, registrando semplicemente dei dati e trasferendoli all’utente». C’è poi chi il divieto lo abolirebbe proprio. È il caso di Renato Mannheimer che vede «con favore» l’iniziativa dell’Agcom e per il quale è auspicabile un superamento finale del divieto.

L'app di Swg ammazza la par condicio?

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