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Dopo aver presentato tutti i candidati ad un seggio in Parlamento, aver confrontato la parte dedicata a fisco e imprese dei programmi elettorali delle principali coalizioni candidate a Palazzo Chigi, vediamo cosa prevedono Pdl, Centro e Pd in materia di riforme istituzionali. In queste settimane, tutti sottolineano la necessità che la prossima legislatura sia costituente. Da più parti, fino a un po’ di tempo fa, si proponeva addirittura la convocazione di un’apposita Assemblea costituente, proprio come quella del 1946, con il compito di redigere un progetto di riforma costituzionale.

Leggendo i rispettivi impegni elettorali, emerge la generale condivisione sulla necessità di avere un governo con poteri di intervento più incisivi e un Parlamento con procedure decisionali più rapide ed efficaci. In più, le tre coalizioni assicurano agli elettori l’impegno a ridurre drasticamente i costi della politica.

Popolo della Libertà

Il partito di Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, in tema di riforme istituzionali, ribadisce nel suo programma la linea tanto cara al suo presidente: serve un sistema moderno e adeguato per favorire lo sviluppo del Paese. E per prima cosa non si può prescindere dall’introduzione dell’elezione diretta e popolare del Presidente della Repubblica e dal rafforzamento dei poteri dell’Esecutivo. Inoltre – riprendendo in sostanza lo spirito della riforma costituzionale poi bocciata con il referendum del 2006 – servirebbe una riforma del bicameralismo, con l’introduzione del Senato federale, il dimezzamento del numero dei parlamentari e delle altre rappresentanze elettive.

Il Pdl poi ritiene necessaria una revisione dei regolamenti parlamentari per snellire le procedure legislative e avere tempi certi e più brevi per l’approvazione delle leggi; proseguire l’impegno per la semplificazione normativa; abolire le Province e, con l’entrata in vigore dell’obbligo di pareggio di bilancio, superare il Patto di Stabilità interno con gli enti locali.

Infine, sul fronte dei costi della politica, si prevede il dimezzamento di essi e l’abolizione totale dei finanziamenti ai partiti. Nessun fondo pubblico deve andare alle formazioni politiche.

Agenda Monti

“All’ordine del giorno del primo Consiglio dei Ministri metterò un disegno di legge di riforma costituzionale per dimezzare il numero dei Parlamentari. Un altro per un riassetto dello Stato in modo meno oneroso e più proficuo. E una legge per cambiare il titolo V della Costituzione che, come è stato ridisegnato nella riforma concordata da sinistra e destra, paralizza la capacità dell’Italia di essere competitiva”. Sono le parole del presidente del Consiglio, Mario Monti, riportate sul suo profilo Facebook e più volte annunciate durante le interviste televisive degli ultimi giorni.

Dal sito dedicato all’agenda che si richiama al professore, si legge che “le riforme istituzionali non erano nel mandato affidato al governo di impegno nazionale, nato per affrontare l’emergenza economica. Ma non si può non notare che anche in questa legislatura non si sono create le condizioni per una revisione della seconda parte della Costituzione che renda più efficiente e autorevole l’azione delle istituzioni”. Di qui l’impegno a riformare anzitutto il sistema di scelta dei parlamentari. “Nonostante i ripetuti richiami del presidente della Repubblica, le forze politiche non hanno trovato un accordo per riformare la legge elettorale. Per rispondere alle domande dei suoi cittadini – è l’impegno del premier uscente – l’Italia ha bisogno di riformare le sue istituzioni”, che devono permettere decisioni “più efficaci e rapide, come riformare il bicameralismo e ridurre i membri del Parlamento. Inoltre serve costituire un “federalismo responsabile e solidale che non scada nel particolarismo e nel folclore”.

E sul finanziamento della politica, la coalizione centrista ritiene indispensabile una “drastica riduzione dei contributi pubblici anche indiretti ai partiti e ai gruppi parlamentari e dei rimborsi elettorali”. Si prevede, a questo fine, l’introduzione di una “disciplina di trasparenza dei bilanci con la perfetta tracciabilità dei finanziamenti privati e una soglia massima per gli stessi contributi”.

Partito Democratico

Anche per il partito di Pierluigi Bersani serve rivedere la carta costituzionale per rafforzare il ruolo del governo e semplificare l’assetto parlamentare, tutelando però la funzione di equilibrio assegnata al capo dello Stato. Inoltre, si legge nel programma dei progressisti, “riformuleremo un federalismo responsabile e bene ordinato che faccia delle autonomie un punto di forza dell’assetto democratico e unitario del Paese. Daremo vita a un percorso riformatore che assicuri concretezza e certezza di tempi alla funzione costituente della prossima legislatura”.

Serve poi “ridurre i costi della politica “e “la sua invadenza in ambiti che non le competono. A ogni livello istituzionale non sono accettabili emolumenti superiori alla media europea. Ma anche questo non basta. Va approvata una riforma dei partiti, che alla riduzione del finanziamento pubblico affianchi una legge di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, che assicuri la democrazia dei e nei partiti, che devono riformarsi per essere strumento dei cittadini e non luogo opaco di interessi particolari”.

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