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Pechino al momento ha preso atto dell’intervento francese in Mali. Il ministero degli Esteri esorta al dispiegamento di truppe legate a Paesi e organizzazioni internazionali, ma manca ancora una posizione su impegni espliciti. La Repubblica popolare è spesso vista dall’Occidente come un battitore libero, spiega Yun Sun in un’analisi per il Brookings Institution. Sul caso maliano, scrive l’analista cinese, pesano tuttavia interventi passati della comunità internazionale.

Il più vicino temporalmente è quello libico. Pechino, che diede il proprio consenso alla risoluzione 1973, si sentì tradita dall’azione militare vista come una violazione del mandato dato dall’Onu alla missione, oltre a subire con il cambio di regime 20 miliardi di dollari di perdite in investimenti. Così, almeno ufficialmente, si possono spiegare i veti di Pechino a interventi in Siria.

Il Mali è in parte simile. Anche in questo caso l’intervento francese, sebbene abbia ottenuto il sostegno del Consiglio di sicurezza, è ben diverso dalla missione internazionale a guida africana decisa con la risoluzione 2085 che la Cina ha approvato. Per questo scrive Yun Sun, Pechino si augura che i francesi si facciano presto da parte lasciando le responsabilità alla missione africana.

D’altronde alcuni analisti come Li Zhibiao, dall’Accademia cinese per le scienze sociali, considerano l’interventismo di Parigi un modo per occupare in influenza il posto che gli Usa sembrano abbandonare in Africa.

Altra ipotesi tra gli accademici cinesi è il tentativo di Hollande di imporre la sua immagine e la sua popolarità all’estero per compensare gli ostacoli interni in materia di politica economica.

Il timore cinese è che la missione francese possa essere un precedente per altre iniziative interventiste in Africa motivate con la lotta contro il terrorismo, portando all’intervento in conflitti all’interno di Stati sovrani. Strategia contraria alla politica estera di Pechino. C’è infine il paragone con l’Afghanistan, secondo alcuni analisti abusato. In molti in occidente considerano la posizione cinese simile a quella tenuta nel Paese asiatico dove Pechino e subentrata non con le armi e le truppe, ma nella ricostruzione post-conflitto, proprio perché considerava la guerra uno strumento per l’avanzata dell’influenza geopolitica statunitense nella regione.

La posizione timorosa di Pechino sul Mali

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