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La fame d’oro sembra insaziabile. Solo nel dicembre scorso la Cina ha importato oltre 25 tonnellate d’oro da Hong Kong. L’India non è da meno. Insieme alla Cina quotano il 52% della domanda d’oro globale nel mondo. Oro che, lo ricordiamo, viene richiesto per gioielleria, investimento o dalle banche centrali per aumentare le riserve.

Ormai tutte queste voci corrono. La domanda d’oro della Cina, per dirne una, è cresciuta dalle 200 tonnellate del 2001 a quasi 600 tonnellate l’anno nel 2010. E una quota robusta di tale domanda è andata a finire fra le riserve della banca centrale.

Nel 1999, infatti, le riserve d’oro della banca centrale Cinese erano di 395 tonnellate. Dieci anni dopo erano quasi triplicate: 1.054 tonnellate. A fronte di questo incremento, le statistiche più accreditate, mostrano che la Svizzera è stata la più grande venditrice netta d’oro nel decennio, passando dalle 2.590 tonnellate di riserve auree del 1999 alle circa 1.040 del 2009. Venditori netti d’oro sono state anche la Banca centrale olandese, da 982 tonnellate a 612 e la Bce, da 747 a 536 tonnellate. La Francia non è stata da meno, passando da 3.024 tonnellate a 2.487. Stabili invece l’Italia, che ha conservato le sue 2.451 tonnellate, la Germania (da 3.468 a 3,412 tonnellate), il Fondo monetario internazionale (fermo a 3.217 tonnellate) e gli Stati Uniti che hanno appena scalfito le loro 8.138 tonnellate del 1999 arrivando alle 8.133 tonnellate del 2009.

Tiriamo le somme. Fra il 1999 e il 2009 tre grandi banche centrali hanno venduto 2.131 tonnellate d’oro. La Cina ne ha comprate ( da loro o da altri non lo sappiamo) 659. Ne mancano all’appello 1.472. Chi le ha comprate?

E qui il terreno si fa scivoloso. Ma non è irragionevole supporre che abbiano fatto il pieno i Bric, ossia i paesi emergenti, grazie agli imponenti attivi commerciali realizzati nella prima parte degli anni Duemila.

Se poi guardiamo ai dati delle riserve auree nel 2012, notiamo altre cose. Le riserve degli Stati Uniti sono aumentate, passando da 8.133 a 8.965 tonnellate (+827 tonn, circa +10%), quelle tedesche pure: da 3.412 a 3.743 (+331 tonn, circa +10%), e anche quelle italiane sono cresciute: da 2.451 tonnellate a 2.702 (+251 tonn, circa +10%). La Francia, nel triennio considerato, è risalita, passando da 2.487 tonnellate a 2.648 (+161 tonn. +6,5%).

Quindi il paese più indebitato del mondo (gli Usa) ha aumentato le proprie riserve auree, tenute ferme per anni, proprio nel periodo in cui dava inizio al quantitative easing. E molti altri lo hanno imitato. La Svizzera è tornata a comprare oro, arrivando nel 2012 a 1.146 tonnellate (+106 tonn, +10% circa). La Germania, nel 2012, è arrivata a 3.743 tonnellate, (+331 tonn, +circa 10%). Persino la Bce ha comprato, nei tempi della crisi, passando da 536 a 553 tonnellate (+17 tonn. +3% circa). L’unico che ha venduto oro è stato il Fmi, che scende a 3.101 tonnellate da 3.217.

Interessante il dato della Russia, che negli ultimi cinque anni ha più che raddoppiato le sue riserve portandole a 960 tonnellate di cui 439 acquisite solo nel 2011 (con l’oro al top) e ha venduto qualcosa nell’aprile scorso. Di recente Mosca ha fatto sapere che è intenzionata a riprendere gli acquisti. Come anche la Cina.

La Cina è cresciuta ancora, arrivando a 1.161 tonnellate (+107 tonn, +10% circa). In cambio vendono dollari. Ed è pure comprensibile. Basta considerare che le mille e passa tonnellate di oro in mano alla Cina pesano sul totale delle riserve della banca centrale meno del 2%.

Il gigante di Cinese è imbottito di carta, mentre la ricchezza aurea è tuttora saldamente concentrata nei paesi ricchi.

La sindrome cinese è diffusa nei cosiddetti paesi emergenti. Ne troviamo le tracce in Russia, dove il peso dell’oro sul totale delle riserve è inferiore al 10%, in India (614 tonnellate ne 2012, il 9,6% del totale delle riserve) e persino a Taiwan (465 tonnellate di oro, il 5,9% delle riserve).

Al contrario, negli Usa, ma anche in Germania, in Italia e in Francia l’oro pesa oltre il 70% sul totale delle riserve delle banche centrali. Solo la Svizzera, fra i paesi europei, sta intorno al 15%.

Utile sottolineare che la domanda d’oro ha accelerato durante la crisi finanziaria. Mentre le banche centrali stampavano monete, compravano lingotti, dovendo subire la concorrenza dei paesi emergenti, Russia, Cina e India in testa, oltre a quella del mercato della gioielleria, anch’esso in costante crescita anche per fini di investimento.

La caccia all’oro, insomma, non risparmia nessuno. Né i paesi ricchi, che gonfiano le riserve con solido metallo, né i paesi emergenti, che cercano disperatamente di fare la stessa cosa ma con poche probabilità di riuscire.

S’intravede la nostalgia di un vecchio sistema monetario.

Il lato nascosto della corsa all’oro

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