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Evitato l’abisso, gli Stati Uniti si dirigono ora verso altri due precipizi. Passata la sbornia di ieri sui mercati mondiali, oggi il Paese, scosso anche dall’ammonimento di Moody’s e dalle parole del Fondo monetario internazionale, s’interroga su altri due problemi irrisolti per l’economia statunitense e mondiale: il debito pubblico e i tagli alla spesa.

Obama, quando tornerà dalla vacanza (parte seconda) alle Hawaii, dovrà affrontare l’ennesima battaglia contro i repubblicani e nuove, possibili, crisi. L’accordo per evitare il Fiscal Cliff, ovvero tagli alla spesa e aumenti delle imposte per 600 miliardi di dollari, è stato raggiunto solo all’ultimo: un piano d’emergenza, insomma, per evitare il peggio, non un piano completo, che dovrà essere preparato al più presto, come chiesto anche dal Fondo monetario internazionale, che ieri ha commentato l’intesa in maniera non positiva. Democratici e repubblicani hanno lavorato a un accordo sulle imposte per salvare la classe media, rimandando il discorso sui tagli alle spese federali.

Gli analisti, in generale, hanno salutato il piano votato in Congresso come un passo nella giusta direzione; tuttavia, ha fatto notare Moody’s, “non rappresenta un miglioramento significativo nel rapporto debito-Pil nel medio termine”. Misure insufficienti, quindi: per questo l’agenzia di rating si aspetta ulteriori misure nei prossimi mesi. Altrimenti il rating degli Stati Uniti potrebbe essere rivisto al ribasso.

Il problema del tetto del debito è stato solo rimandato, e il conto alla rovescia continua: gli Stati Uniti, ha fatto sapere il Tesoro, hanno ormai raggiunto il massimo prestabilito di 16.400 miliardi di dollari e restano solventi grazie a una serie di misure straordinarie adottate dall’amministrazione Obama, con 200 miliardi “liberati” dal Tesoro, che ha rinviato versamenti di contributi pensionistici ai lavoratori pubblici e emissioni di titoli. Entro la fine di febbraio, il tetto del debito dovrà essere alzato per evitare il default. Ma i repubblicani che siedono in Congresso, per accettarlo, chiedono in cambio pesanti tagli alla spesa.

E a proposito di tagli, il primo marzo scatteranno – senza un altro accordo – i tagli alla spesa che sono stati rinviati di due mesi con l’accordo di Capodanno. E il 27 marzo, in mancanza dell’approvazione da parte del Congresso della finanziaria per l’anno fiscale che scade il 30 settembre, il governo cadrà nella paralisi. Cacciate le nubi che si addensavano sul suo secondo mandato, che deve ancora ufficialmente cominciare, Obama rischia di aver solo rimandato la guerra, se democratici e repubblicani non lavoreranno a un’intesa per il Paese.

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