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La Francia è in guerra in Mali. Parigi è entrata in azione con raid aerei a supporto delle forze governative contro i fondamentalisti islamici affiliati ad al Qaida che da mesi occupano il nord. Il governo di Bamako ha proclamato lo stato di emergenza, le truppe governative hanno rioccupato Konne, caduta solo ieri in mano ai ribelli, e il presidente a interim. Diacounda Traorè, in serata, rivolto alla nazione, ha promesso che i ribelli riceveranno una risposta militare “sferzante e massiccia”.

Londra e Berlino hanno approvato l’intervento francese mentre la comunità dei Paesi dell’Africa occidentale (Ecowas) autorizzava l’invio immediato di truppe e l’Unione europea accelerava la preparazione per l’invio di una missione di addestramento.

Che i francesi, a terra e in cielo, si fossero già schierati accanto alle poco addestrate unità maliane s’è capito subito, perché, nel giro di poche ore, sono state riconquistate Konna (espugnata dagli jihadisti appena ieri) e Douentza (caduta nelle mani degli insorti in settembre dopo che l’esercito era, ingloriosamente, scappato).

L’annuncio dell’Eliseo è arrivato ieri sera a conclusione di una giornata convulsa, sul piano militare, così come su quello diplomatico. Soprattutto su quest’ultimo, perché mentre Hollande incontrava Traorè, mettendo a punto l’intervento francese, dall’Onu, così come da Bruxelles, pur prendendo atto che l’offensiva verso sud degli jihadisti apriva uno scenario nuovo, c’era l’implicito invito a proseguire lungo la strada della trattativa.

Una strada che però è andata restringendosi negli ultimi giorni, in coincidenza con l’infausta determinazione degli jihadisti di volgere le armi verso il sud.

Ieri sera Hollande ha ammesso l’intervento armato in Mali contro le forze “terroristiche” che, ha detto, agiscono con brutalità e fanatismo. Intervento, ha aggiunto, di cui i francesi saranno sempre e tempestivamente informati e che “durerà il necessario”. Da parte sua il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha aggiunto che Parigi “farà di tutto per salvare gli ostaggi” francesi nelle mani dei fondamentalisti dell’area.

Ora bisognerà vedere se la mossa di Hollande modificherà il quadro generale che prevedeva, almeno sino ad oggi, un aiuto militare europeo quasi esclusivamente logistico (armi, informazioni, addestramento) e non un intervento diretto, che avrebbe dovuto essere affidato a soldati africani dell’Ecowas.

L’inattesa piega militare della giornata potrebbe avere imposto al conflitto in Mali una svolta sotto più punti di vista. La reazione dell’esercito, con la riconquista delle due località, non ha soltanto inflitto le prime vere sconfitte agli jihadisti, ma anche allontanato quello che appariva il vero obiettivo dell’offensiva, la conquista di Savarè e del suo aeroporto internazionale, lo stesso dove sono atterrati gli aerei francesi. Savarè e’ anche uno degli ultimi baluardi presidiati lungo la strada che, andando a sud, porta a Bamako, cosa di cui maliani e francesi sono ben consapevoli.

Diego Minuti (Ansa)

La guerra di Hollande in Mali

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