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La rinuncia dei crediti per TI Media, la scommessa di vendere la rete e non i tre multiplex digitali, ignorando la proposta del fondo Clessidra guidato da Claudio Esposito, le perplessità mostrate da Bersani sulla tempistica della operazione a ridosso delle elezioni. Franco Bernabè, presidente esecutivo del gruppo, non si cura troppo delle schermaglie politiche, ma la corsa del prescelto per l’acquisto di La7, Urbano Cairo, si fa frenetica. L’imprenditore piemontese dovrà siglare l’accordo entro il 4 marzo, e i nodi aumentano, con la discussione sulla linea che terrà la tv dopo l’operazione, e le voci che indicano il giornalista Enrico Mentana, alla presidenza della rete.

La posizione di Cairo

“Dobbiamo riuscire a invertire la rotta economica mantenendo la qualità del palinsesto”, afferma in un’intervista al Corriere della Sera Urbano Cairo, in trattative esclusive con Telecom Italia per l’acquisizione di La7. L’imprenditore respinge l’etichetta di “berlusconiano”, definendola “una cosa incredibile” e dicendosi “stupefatto” del collegamento, anche perché “in questi anni sono stato un acerrimo concorrente di Fininvest”.

Cairo assicura che, da Michele Santoro a Enrico Mentana fino a Maurizio Crozza, “se questi programmi funzionano bene dal punto di vista degli ascolti, è giusto lasciare fare loro quei programmi in totale autonomia”. Quanto all’ipotesi che qualcuno dei volti della tv entri nell’azionariato, si limita a dire: “Adesso non sarebbe un grande vantaggio per loro”.

Infine, Cairo spiega di non essersi incontrato con il patron di Tod’s, Diego Della Valle, che aveva manifestato un interesse per La7 e alla domanda se fosse ipotizzabile un suo ingresso nel progetto afferma: “Adesso non lo so dire, oggi dobbiamo focalizzarci nella giungla del contratto con tempi brevissimi”.

Le motivazioni dell’esclusiva a Cairo secondo Ben Ammar

“Sotto il profilo economico è stata giudicata migliore l’offerta di Cairo: Telecom vende La7 perché è una fonte di perdita costante ed evidentemente non è suo mestiere fare l’editore”, ha spiegato invece Tarak Ben Ammar, consigliere di Telecom Italia, dopo la decisione del board di concedere l’esclusiva al patron del Torino. “Il consiglio ha deciso di conservare i multiplex, il tempo dirà se abbiamo avuto ragione”, ha aggiunto spiegando che il presidente Franco Bernabè era favorevole all’offerta di Cairo e che sul tavolo lunedì sera non c’era affatto l’ipotesi di un rinvio della scelta.

Le parole di Ben Ammar

Ben Ammar ha ridabito il concetto che la politica è rimasta fuori dalle decisioni del consiglio: “Abbiamo dimostrato di non essere influenzati da partiti, posizioni o dalla stampa che aveva speculato su un rinvio per convenienza elettorale”. E quanto al fatto che Cairo viene additato come vicino a Silvio Berlusconi, l’imprenditore franco-tunisino ha detto: “Ecco, Cairo, Clessidra, io stesso, tutti amici di Berlusconi, per certi versi mi pare un pò un’ossessione”.

Su cosa si concentrerà il cda del 4 marzo

I tempi dovrebbero essere piuttosto stretti: Telecom Italia Media ha già in agenda un consiglio il 4 marzo e il giorno dopo l’assemblea dei soci. “L’ordine del giorno è però piuttosto ricco e include anche l’approvazione dei conti. Difficile che nella riunione possa essere anche affrontata la vendita della tv. Per cui, se il negoziato approderà a un accordo definitivo, il board di Ti Media potrebbe anche riunirsi la prossima settimana per dare il via libera alla vendita”, spiega Federico De Rosa sul Corriere della Sera.

La cassa di Telecom

Via libera che toglierebbe un bel problema a Telecom, “la quale smetterebbe di bruciare cassa per mantenere la tv, che nel 2012 ha perso oltre 100 milioni di euro. Di contro però il gruppo telefonico dovrebbe rinunciare a qualche centinaio di milioni di crediti nei confronti della controllata. Cairo ha chiesto infatti a Bernabè di cancellare i debiti finanziari infragruppo, compresi tra i 200 e i 250 milioni di euro, lasciandoli in capo a Ti Media”. La decisione deve essere presa dal board di Telecom. “E non è escluso – prosegue – che lo abbia già fatto autorizzando nel mandato conferito lunedì a trattare anche su questa posta. Che andrebbe a vantaggio della stessa Ti Media. La società ha bruciato oltre un terzo del capitale e in base all’articolo 2446 del codice civile andrebbe ricapitalizzata. Con la rinuncia ai crediti Bernabè otterrebbe di fatto lo stesso risultato: la rinuncia trasformerebbe il debito di Ti Media, che oggi in bilancio è una passività, in una sorta di capital gain che andrebbe ad aumentare direttamente il patrimonio”, evidenzia De Rosa.

Non sarebbe quindi più necessario convocare l’assemblea per ricostituire il capitale. Inoltre con il rafforzamento patrimoniale, Ti Media potrebbe trovare tra le pieghe del bilancio anche quella “dote” che Cairo ha chiesto per La7.

Le spaccature nel cda

Secondo quanto è filtrato, si legge sul Corriere della Sera, il presidente di Mediobanca, Renato Pagliaro, e il consigliere di Piazzetta Cuccia, Tarak Ben Ammar, insieme al direttore generale di Intesa Sanpaolo, Gaetano Miccichè, e a Elio Catania avrebbero ritenuto più interessante la proposta di Clessidra per l’intero perimetro delle tv del gruppo telefonico. Alla fine Bernabè sarebbe riuscito a convincere gli indecisi e, vista anche la volontà di chiudere il dossier, si è trovato l’allineamento su Cairo.

La scommessa di Telecom sui tre multiplex

Se la sfida politico-editoriale si concentra sull’emittente, il valore di TiMedia si concentra nei tre multiplex digitali.  “Non a caso l’offerta di Clessidra, l’unica che li includeva, è superiore ai 300 milioni di euro mentre l’altra era a zero euro di incasso per il venditore, per le perdite e i sovraccosti dell’emittente. Causati in parte da cattiva gestione, ma in parte anche dalle difficoltà di operare in un mercato duopolistico della pubblicità e dei diritti da parte di un operatore terzo”, ha spiegato Marco Mele sul Sole 24 Ore.

L’analisi del Sole 24 Ore

Merita un’analisi, allora, il valore dei tre multiplex il cui diritto d’uso è in mano a Telecom Italia Media. “Le tre frequenze – il gruppo ne rivendica una quarta, concessa in Sardegna e poi “scomparsa” nella spartizione tra le tv nazionali – corrispondono ai canali 47,48 e 60 della banda UHF. Il canale 60, in particolare, è adiacente ai canali venduti all’asta alle compagnie telefoniche per la banda larga mobile. Sarebbe, quindi, poco adatto alla televisione perché le frequenze dal canale 57 in su, sono destinate anch’esse alla banda larga mobile, secondo una decisione presa a livello mondiale che diverrà operativa dalla fine del 2015. Per l’Italia conterà anche quello che faranno i Paesi confinanti su quelle frequenze”, ha proseguito Mele.

Novità in arrivo dall’Agcom

Ma qui sta per arrivare una novità: “L’Agcom ha rivisto le frequenze da porre in gara tra gli operatori televisivi e il documento è stato inviato a Bruxelles. Da quello che se ne conosce, si rinuncerà a mettere in gara i canali 58, 55 e 54 della banda UHF per soli cinque anni. E si riserveranno i canali dal 57 al 60 a una seconda asta per la banda larga mobile. Ti-media – ha sottolineato Mele del quotidiano il Sole 24 Ore – potrà avere, in cambio del 60, il canale 55 della banda VHF, in aggiunta agli altri due. Il valore di ciascun mux digitale, con una copertura adeguata della popolazione, è superiore ai 150 milioni di euro: quindi l’offerta di Clessidra è inferiore al loro valore complessivo, ma era anche l’unica sul piatto se Telecom avesse voluto cedere le attività sulle frequenze terrestri, per concentrarsi sul Web e su Cubovision”.

La vendita di La7 secondo Cairo e Ben Ammar

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