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Ora tra i due volano parole grosse. Parole che poco si addicono a un sobrio professore che ha definito il suo sfidante “cialtrone” e “pifferaio”. E a cui il Cavaliere ha replicato con un poco cavalleresco “dice cazzate” e ribattezzandolo “professorino che non capisce nulla di economia”.

Ogni giorno di campagna elettorale è un continuo scambio di accuse e veleni tra i due. Solo per citare le loro ultime dichiarazioni, Berlusconi ha detto ieri dal Lingotto: “Se martedì Monti, Fini e Casini stanno fuori dalla Camera mi ubriaco”. E oggi ha spiegato il perché del suo rifiuto all’appello di Monti per un confronto a tre con Bersani: “Io il confronto l’ho sempre accettato con chiunque, mi sono trovato in trasmissioni anche con sei contraddittori” ma ora il confronto ha senso soltanto tra gli “unici due che hanno possibilità di vincere”, “Monti chiede il confronto perché è disperato e perché rischia di non avere rappresentanti in Parlamento” visto che “è probabile che non arrivi al 10%”.

Ospite di RaiNews, il candidato premier di Scelta civica ha invece preferito replicare oggi alle accuse del suo predecessore sull’economia: “Di economia ne ho praticata meno di lui, perché non sono imprenditore, ma ne ho vista enormemente più di lui anche attraverso meccanismi della concorrenza che lui forse ama meno”, ha punzecchiato il premier uscente, aggiungendo: “Magari ha ragione lui che sicuramente è particolarmente autorevole nel mondo per giudicare la qualità di un economista”.

Ma quali saranno stati i trascorsi burrascosi tra Berlusconi e Monti, quali le opposte visioni del mondo, che li hanno portati a diventare i primi nemici, l’uno dell’altro, in questa campagna elettorale? In realtà molto pochi. L’allora presidente del Consiglio e leader di Forza Italia scelse di nominare il “professorino” commissario europeo nel 1994. E Monti ha rivelato recentemente di aver votato per Berlusconi in passato. Tra i due ci sono poi indubbie sintonie liberali, anche se bisogna ricordare che dalle colonne del Corriere della Sera, il bocconiano aveva espresso alcune riserve sull’operato dei governi Pdl. Ma nello stile misurato che gli è proprio, almeno fino a qualche tempo fa. Per questo l’anno scorso, quando dovette scegliere il suo successore, Berlusconi non ebbe dubbi e fece il suo nome. Le cronache riportano il sostegno del Pdl a tutte le azioni del governo tecnico e addirittura il tentativo di endorsement, cortesemente declinato, di Berlusconi a Monti come leader dei moderati italiani al posto suo.

Poi venne la campagna elettorale e cambiò tutto. E ironia della sorte, chissà con quali espressioni avverrà, se mai Berlusconi dovesse riuscire nella tanto annunciata rimonta, lo scambio del campanello al contrario tra i due ex amici, ora acerrimi nemici.

Berlusconi e Monti, cronaca di un amore. Finito

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