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Parlare di guerra valutaria è eccessivo, ma le tensioni sulle svalutazioni monetarie decise dalle banche centrali nel mondo sono ormai palesi e sono diventate protagoniste anche del World Economic Forum di Davos. Secondo l’economista Stefano Firpo, capo della segreteria tecnica del Ministro dello Sviluppo economico retto da Corrado Passera, è inutile nutrire speranze su un cambio di rotta delle politiche europee che parta da Berlino. “Non illudiamoci che la Germania, che resta intrappolata nella paura della spirale inflazionistica, spinga per politiche monetarie europee più lasche”, spiega in una conversazione con Formiche.net Firpo, specializzato alla London School of Economics e, prima di affiancare Passera all’ufficio operazioni strategiche e progetti speciali di Intesa Sanpaolo, ha lavorato presso la Banca centrale europea a Francoforte.

Le politiche monetarie espansive delle maggiori banche centrali

“Le principali banche centrali del mondo – prosegue Firpo – stanno attuando politiche di espansione monetaria con interventi massicci che hanno l’obiettivo di stimolare la crescita dell’economia reale anche attraverso la svalutazione delle proprie valute. E’ il caso della Fed statunitense, della Banca del Giappone, della Bank of England e della Banca centrale cinese che amministra in modo stringente i tassi di interesse del sistema bancario nel Paese”. Ma l’ortodossia della Bce sull’inflation targeting “pone l’Unione europea in una situazione di svantaggio competitivo. Quelli del programma di acquisto di titoli Omt (Outright Monetary Transactions) della Bce sono interventi sterilizzati che non vanno ad aumentare l’offerta di moneta, e si differenziano quindi in modo sostanziale dai programmi di Quantitative Easing condotti dalla Fed di Bernanke e da altre banche centrali”, sottolinea l’economista. E la tendenza alla rivalutazione dell’euro “non è destinata a ridursi nei prossimi mesi”.

Un super euro per accelerare le riforme strutturali

La posizione della Bundesbank non sembra cedere di fronte all’eventualità di un calo dell’export di Berlino causato da un euro sempre più forte. Anzi. “Da ambienti tedeschi – evidenzia Firpo – vedo sì preoccupazione per le politiche monetarie delle altre banche centrali, che pongono anche la Germania in una situazione di svantaggio competitivo in relazione all’export, ma in realtà la rivalutazione dell’euro è vista non così sfavorevolmente perché viene considerata un’ulteriore forma di pressione sulle economie dei Paesi meno competitivi in Europa, che, in questa situazione con un euro forte, sono ancora più incentivate a procedere sulla strada delle riforme strutturali pro competitività. Ma recuperare una competitività del 10-15% concentrandosi su fattori che riguardano l’economia reale è molto dura”, osserva.

La svolta del Fmi sull’austerity

E quale sarà l’influenza sulla Bce della svolta del Fondo Monetario Internazionale, con il ‘mea culpa’ sulle politiche di austerity promosse fino ad oggi? “La Bce è fortemente indipendente e farà la sue valutazioni sulle osservazioni del Fondo Monetario Internazionale, che comunque interessano più da vicino le politiche fiscali e pro crescita dei singoli Stati. Il mandato di Francoforte è molto chiaro: l’attenzione è concentrata sull’inflazione e non sulla crescita e l’occupazione”. L’Unione europea “gioca con una mano legata dietro la schiena in un momento in cui tutte le grandi banche centrali del mondo stanno intervenendo pesantemente per stimolare l’economia”.

Tuttavia, secondo Firpo, “è importante che il Fmi abbia riconosciuto che le politiche di austerità, soprattutto ora che sembra essere ritornata maggiore fiducia sui mercati finanziari, rischiano di avere effetti recessivi e controproducenti sulla dinamica di riduzione del rapporto debito Pil. Bisogna invece cercare maggiore equilibrio fra il consolidamento fiscale e le istanze dell’economia reale e del crescente disagio occupazionale per spingere la crescita su fondamenta più solide e sostenibili. Questo era anche il comune sentire al World Economic Forum di Davos”.

Le strade da percorrere per Draghi

Ma l’integrazione politica non è l’unica via di fuga dalla situazione di svantaggio competitivo in cui si trova l’Europa: “Si può agire sul completamento del mercato unico, finanziando un budget europeo più orientato alla crescita e agli investimenti che spingano all’innovazione. D’altra parte per la Bce gli spazi per politiche di espansione monetaria convenzionali sono pochi. Bisogna inventarsi interventi meno convenzionali come l’immissione di massa monetaria nell’economia, di quantitative easing e di acquisto di titoli pubblici”, conclude l’economista.

Ecco come Merkel brandisce l'arma del super euro

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