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Scrivevo nel mio editoriale telegrafico della settimana scorsa che il centrosinistra, se vuole vincere a Milano, non può riproporre qui lo stesso schema politico oggi coltivato a Roma. La conferma è arrivata più in fretta del previsto: il Pd lombardo, col pieno assenso del segretario nazionale, accantona l’asse privilegiato con Sel e fa ponti d’oro alla candidatura eccellente di Umberto Ambrosoli, che possiamo definire una personalità di spicco molto gradita anche all’area centrista.
 
Il Pd fa sua questa candidatura senza esitazioni né condizioni, tirando anzi un sospiro di sollievo quando Ambrosoli – lui sì inizialmente esitante – accetta. E non si preoccupa più che tanto, il Pd, dei mugugni e persino dei rifiuti alla propria sinistra.
 
Benissimo. Ma allora, se nella regione più politicamente importante e più avanzata d’Italia, per provare a vincere, il partito di Bersani decide con tanta determinazione e immediatezza di ignorare i malumori alla sua sinistra e delegare la guida a una personalità eccellente che rappresenta un perfetto punto d’incontro con il Terzo Polo di Casini e Montezemolo, che senso ha, sul piano nazionale, mantenere l’asse privilegiato con Sel?
 
Pietro Ichino

Le ambiguità di Bersani tra Ambrosoli e Vendola

Scrivevo nel mio editoriale telegrafico della settimana scorsa che il centrosinistra, se vuole vincere a Milano, non può riproporre qui lo stesso schema politico oggi coltivato a Roma. La conferma è arrivata più in fretta del previsto: il Pd lombardo, col pieno assenso del segretario nazionale, accantona l’asse privilegiato con Sel e fa ponti d’oro alla candidatura eccellente di Umberto…

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