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Lo sfascio della politica della seconda repubblica con l’impietosa resa dei partiti al governo dei tecnici, espressione diretta del fallimento di ciò che rimane della lunga stagione tra i poli contrapposti, lascia sul terreno macerie fumanti in tutti gli schieramenti tenuti insieme, sin qui, dagli artificiosi sistemi elettorali del mattarellum prima e del porcellum tuttora vigente.
 
Siamo in presenza di un Parlamento che non rappresenta più alcuno e un governo tecnico espressione di un delicato compromesso tra spericolate alchimie presidenziali, pressanti ultimatum franco-tedeschi e sostanziale resa da impotenza dei partiti con sempre meno elettori.
 
Gli stessi organismi di rappresentanza sociale sindacali, confindustriali e delle diverse categorie produttive, vivono una grave crisi di identità, con la riduzione ad una sostanziale autoreferenzialità, isolate da una realtà sociale liquida e in preda ad una pericolosa anomia .
 
Lo stesso schema corporativo ereditato dal fascismo, che aveva retto le sorti di gran parte della Prima Repubblica, mostra segni evidenti di frattura e non si intravvedono all’orizzonte forti fattori identitari in grado di garantire l’indispensabile coesione sociale ad un sistema in forte decomposizione.
 
Tra locale e globale, lo Stato, trasferiti una serie di poteri a una sovrastruttura comunitaria caotica e incompiuta, ogni giorno di più si dimostra incapace di offrire servizi indispensabili, mentre incrementa continuamente la sua voracità fiscale con progressiva determinazione.
 
L’equilibrio sociale e tra generazioni regge ancora grazie al risparmio accumulato nel tempo dalle formichine familiari dell’Italia, ma sino a quando e ancora per quanti e per chi?
 
I giovani, vittime di una disoccupazione oltre la soglia del 30% e condannati alla precarietà elevata a condizione strutturale, sono costretti a navigare a vista e senza speranza. Mancano punti di riferimento e di coesione culturale, morale e sociale, mentre la fiducia dei cittadini verso la politica è ridotta al lumicino.
 
E’ in questo desolante quadro che da “democristiani non pentiti” ci accingiamo a compiere alcuni passaggi politici e culturali necessitati dopo la sentenza della Corte di Cassazione 25999 del 23 dicembre 2010, con la quale si è riconosciuto che la DC non è mai giuridicamente defunta.
 
La lunga dolorosa stagione della damnatio memoriae sta, dunque, finalmente per finire.
E’ tempo di una rigorosa ricostruzione storico politica e di rilancio di una cultura a livello nazionale ed europeo da offrire ai giovani, quale strumento di speranza e di azione nella nuova fase della politica interna e internazionale.
 
Lo faremo in un’apposita riunione del Consiglio nazionale della DC, indetta dagli unici aventi diritto di rappresentanza, ossia i consiglieri nazionali di quel partito eletti dall’ultimo congresso della Democrazia Cristiana, per riaprire il tesseramento e convocare un congresso di rilancio della cultura e dell’identità democratico cristiana in Italia e in Europa.
 
Lo faremo insieme alle nuove generazioni, che intendono ancora impegnarsi a declinare sul piano politico gli orientamenti pastorali della dottrina sociale cristiana e a raccogliere il testimone di una tradizione che fece grande l’Italia e che rappresenta, tuttora, una delle speranze per l’intera Europa.
 
Siamo sicuri che, nello sfascio della politica attuale, gli interessi e i valori raccolti attorno allo scudo crociato sapranno ancora una volta rappresentare il punto di equilibrio di quel bene comune, per la salvaguardia del quale varrà ancora la pena di un impegno politico generoso e solidale.
 

Le ragioni dei democristiani

Lo sfascio della politica della seconda repubblica con l’impietosa resa dei partiti al governo dei tecnici, espressione diretta del fallimento di ciò che rimane della lunga stagione tra i poli contrapposti, lascia sul terreno macerie fumanti in tutti gli schieramenti tenuti insieme, sin qui, dagli artificiosi sistemi elettorali del mattarellum prima e del porcellum tuttora vigente.   Siamo in presenza…

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