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“Io vi ho cercato, voi siete venuti. Per questo vi ringrazio”. Sarebbe questo il messaggio che Giovanni Paolo II ha rivolto ai giovani, dal letto di morte. Non riuscendo a parlare, si sarebbe fatto capire a gesti. Ma poco importa se quella frase sia stata realmente pronunciata. Perché in quella frase è forse racchiuso uno dei sensi dell’intero pontificato di Giovanni Paolo II: quella ricerca costante e continua dei giovani, che si affiancava alla sua ricerca di nuove parole tra le religioni e di nuove parole in generale. Un messaggio antico e vivo raccontato con un linguaggio nuovo.
 
Cosa resta del beato Karol Wojtyla a sette anni dalla morte? È troppo presto per fare bilanci storici. Ma restano delle immagini, nitidissime. Si potrebbe rileggere il Pontificato attraverso i gesti di Giovanni Paolo II. Facciamo un salto indietro nel tempo.
 
È il 22 ottobre 1978, giorno della Messa di inizio Pontificato. “Aprite, spalancate le porte a Cristo”, dice nell’omelia Giovanni Paolo II. Che al termine della celebrazione non rispetta il cerimoniale. Scende verso le persone, si avvicina alla folla. E poi alza per aria la croce pastorale e la brandisce, quasi a sottolineare con un simbolo l’apertura delle porte a Cristo. È un gesto che Giovanni Paolo II non ripeterà mai più, ma che resta evocativo. Come particolarmente evocativo è il saluto di Papa Wojtyla. Non a mano aperta, ma con la mano rivolta lateralmente verso la gente e gesti secchi. Anche il modo di benedire è tutto suo, e nessun pontefice l’ha usato prima di lui: un segno di croce secco, senza fronzoli, senza nemmeno pronunciare una formula di benedizione.
 
I giovani cominciano a ritrovarsi intorno a lui per il Giubileo dei Giovani dell’anno santo straordinario del 1984, tra l’11 e il 15 aprile. E il 30 e 31 marzo 1985, per l’Anno Internazionale della gioventù, Wojtyla li invita attorno a lui. Arrivano a Roma in centinaia di migliaia.
È l’inizio di una tradizione, che porta con sé una ricca iconografia. La Gmg del 1985, per la domenica delle Palme, presenta una croce rossa in campo bianco, e due ramoscelli di ulivo. È l’ultima volta che è un raduno non organizzato. Da quel momento in poi, ogni Gmg avrà un tema. “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all´amore che Dio ha per noi…” è il tema della Gmg di Buenos Aires del 1987, che campeggia intorno a un mondo circondato da giovani che fanno un girotondo. “Voi siete l’avvenire del mondo, la speranza della Chiesa. Voi siete la mia speranza”, aveva detto Giovanni Paolo II in quel famoso 22 ottobre del 1978. È una carrellata di simboli, quello della Gmg. Ma il logo del Giubileo del 2000, che ripropone una piazza San Pietro stilizzata: i giovani sono andati incontro al Papa.
 
Ma c’è un’altra immagine – più ecumenica che legata ai giovani – che forse più di tutte racconta il pontificato di Wojtyla, e rappresenta una straordinaria prima volta. Grecia, 2001. Giovanni Paolo II è il primo pontefice a visitare il Paese dopo 1.291 anni. La visita non è serena, il Papa viene accolto da manifestazioni ostili, mentre i vertici della Chiesa ortodossa non inviano nessun esponente ad accoglierlo all’arrivo. Ad Atene si incontra con l’arcivescovo Christodoulos, capo della Chiesa ortodossa di Grecia. Un incontro di 30 minuti. Christodoulos fa un elenco di offese, il Papa chiede scusa. Il ghiaccio si è sciolto. Si incontrano in seguito in un luogo dove una volta San Paolo ha predicato ai cristiani ateniesi. Fanno una dichiarazione congiunta. E poi, Giovanni Paolo II prende la mano di Christodoulos, e insieme pronunciano il Padre Nostro. Per la prima volta, è rotto il tabù ortodosso, contrario alla preghiera coi cattolici.
 
Andrea Gagliarducci,
vaticanista
La Sicilia, Il Tempo, korazym.org
Autore del libro “Giovanni Paolo II – Storia di un annuncio” (Libreria editrice vaticana, 2011)

Il pontificato di Wojtyla, i flash più significativi

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