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“Ho tradito il Papa ma sono innocente”. Il giorno di Paolo Gabriele è una deposizione-choc che sparge veleni e sospetti in Curia e che dopo quattro mesi ha messo faccia a faccia l´ex maggiordomo del Papa con il suo principale accusatore, don Georg. Alla seconda udienza del processo ai suoi danni, l´ex aiutante di camera si dichiara “innocente” rispetto all´accusa di furto aggravato per la sottrazione di documenti dall´appartamento pontificio, ma ammette di aver tradito la fiducia di Benedetto XVI e fa sette nomi tra i quali anche cardinali, oltre a denunciare di essere stato “maltrattato” in cella.
 
“Riguardo al furto aggravato mi dichiaro innocente. Mi sento colpevole per aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre, che io sento di amare come un figlio”, ha spiegato il maggiordomo al collegio giudicante. Nel tempo “ho maturato la convinzione che è facile manipolare la persona che ha un potere decisionale così enorme”, ha aggiunto riferendosi al Papa, prima di fare i nomi di sette persone che lo avrebbero “suggestionato”: il dottor Mauriello, Luca Catano (“che sapeva cose relative al comandante della gendarmeria Domenico Giani”), e poi i cardinali Angelo Comastri, Paolo Sardi, monsignor Francesco Cavina e l´ex governante di Ratzinger Ingrid Stampa.
 
Nel corso dell´udienza, Gabriele, ha affermato di aver subito pressioni psicologiche e di essere rimasto per svariati giorni in una cella in cui non poteva neppure allargare le braccia con luce accesa 24 ore su 24. Presente alla deposizione nel pubblico il comandante della gendarmeria Domenico Giani, il quale poco dopo, ha fatto diramare una smentita parlando di “massimo rispetto” della persona durante la detenzione e ricordando i rapporti di “pregressa amicizia e conoscenza” tra Gabriele e il personale della gendarmeria. “Nel caso dovessero risultare infondate” le sue accuse di maltrattamento “egli potrebbe essere passibile di una controdenuncia”, come recita un comunicato ufficiale della Gendermeria. Dal canto suo, il ´promotore di giustizia´ (pm) del Vaticano, Nicola Picardi, ha aperto un fascicolo per “accertare se vi siano stati abusi nel corso della detenzione”.
 
“Durante gli anni del suo servizio non ho avuto mai ragione di dubitare di lui”. E´ quanto ha detto don George Gaenswein seduto a pochi metri da Gabriele. I due non si sono scambiati nessuno sguardo, sebbene l´ex assistente di camera di Ratzinger si sia alzato ogni volta che il prelato tedesco è entrato nell´aula. Il segretario del Papa ha aggiunto di aver dubitato per la prima volta di Paolo Gabriele quando ha visto nel libro di Gianluigi Nuzzi ´Sua Santità´ tre documenti che aveva solo lui: una lettera a lui indirizzata da Bruno Vespa, una seconda lettera di una banca milanese e un appunto del portavoce vaticano Federico Lombardi sul caso di Emanuela Orlandi. “Non mi sono accorto che gli originali mancavano”, ha detto più in generale Gaenswein, “ma erano riconoscibili perché avevano il timbro dell´ufficio”.

Vatileaks, i sette nomi di Paolo Gabriele

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