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La sfida dei porti non è diversa dalla sfida che il Paese ha di fronte per rimanere aperto e agganciato alle economie che continuano a crescere.
Con il recente voto al Senato l’attesa riforma portuale fa un passo decisivo in un cammino, certamente sempre aperto, verso un’idea dell’economia marittima come snodo strategico di investimenti, occupazione, internazionalizzazione, logistica pregiata, export.
 
Il punto è che la sfida dei porti non è diversa dalla sfida che il Paese ha di fronte per rimanere aperto e agganciato alle economie che continuano a crescere e rappresentano una frontiera ineludibile per il nostro futuro industriale. Già oggi la metà del nostro export viaggia su nave.
Ma non c’è modo che questo accada se i porti non guardano verso il mare e verso terra, attrezzandosi sempre meglio per attrarre investitori, armatori e logistici che ragionano su scala continentale e migrano dove si creano condizioni favorevoli. E non c’è modo che questo accada senza che si diano ai porti i migliori strumenti per farlo, prestando la massima attenzione alle esigenze di chi nel porto opera, al territorio che lo alimenta, ai mercati che serve.
 
Questo è il senso del confronto parlamentare, sofferto e anche contrastato, negli anni di lavoro che hanno preceduto il voto, nei quali si è sentito molte volte il grido d’allarme di tutti gli operatori del cluster marittimo, duramente sfidati dall’accelerazione della nuova geografia economica mondiale e poi dalla crisi finanziaria ed economica.
Il merito del lavoro condotto in Senato è innanzi tutto quello di aver portato a maturazione temi di estrema importanza che si è potuto far confluire in primi provvedimenti varati già nei mesi scorsi, mirati all’attrazione di capitali privati anche per i porti, alla semplificazione delle procedure per i dragaggi, all’istituzione di un Fondo che inizia a dare sostanza all’attesa autonomia finanziaria portuale. Tutti temi urgenti e vitali per fare sviluppo.
 
Il testo licenziato dal Senato va a completare quel disegno soprattutto in tema di governance portuale e semplificazione per i Piani Regolatori, ma anche di equilibrio tra durata delle concessioni e relativi investimenti e di “sistemi logistici”, vale a dire la proiezione dei nodi portuali verso i nodi e le reti di terra in un’ottica di bacino o di corridoio europeo.
L’interesse del Paese, anche sul piano politico, è essere pronti e meglio attrezzati all’evoluzione dei piani per le Reti Ten-T e alla vitalità che il Mediterraneo sta dimostrando, e mettere un punto fermo sui temi della riforma conferma una determinazione del Paese che in questa fase conta molto.

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