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Poche speranze. L’inviato speciale dell’Onu e della Lega Araba per la Siria, Lajdar Brahimi, sostiene che i tentativi diplomatici per frenare il conflitto che già dura da 18 mesi e ha causato 20mila morti sono destinati a fallire. In un’intervista alla BBC, ammette che gli sforzi che si stanno facendo non sono sufficienti.
 
“So quanto è difficile e credo sia quasi impossibile. Non impossibile ma quasi… In più, non stiamo facendo molto. E questo in sè è un peso tremendo”, ha detto il diplomatico sulla missione di mediazione che gli è stata affidata. Il suo antecessore, Kofi Annan, rinunciò alla fine d’agosto dopo sei mesi di tentativi falliti di pace e il blocco del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
 
Brahimi ha spiegato che si sente “sopraffatto per il peso della responsabilità ed è conscio che si sta facendo troppo poco”, ha detto. Ha confessato che si sente di fronte ad una parete alla ricerca delle crepe da dove si possa trovare una soluzione. “Sono in questa missione con gli occhi aperti ma nessuna illusione”.
 
Conflitto mortale
Almeno 26.283 persone sono state uccise nelle violenze dall´inizio della rivolta, nel marzo 2011, in Siria, 5.440 delle quali ad agosto, il mese con il bilancio più pesante di vittime. Così ha denunciato il presidente dell’Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh), Rami Abdel Rahmane.
 
Solo l’ultima settimana del mese appena concluso è stata funestata dalla morte di 1.248 persone secondo l´ong, che si basa su una rete di militanti e di testimoni. Sulle 5.440 persone morte ad agosto nelle violenze, 4.114 sono civili, 105 disertori e 1.221 soldati del regime, ha precisato il presidente dell´ong che ha sede in Gran Bretagna, che include tra i civili quanti hanno imbracciato le armi contro il regime de Bashar al Assad. Sulle 26.283 vittime dall´inizio della rivolta, 18.695 sono civili, 1.079 soldati che hanno disertato e 6.509 militari dell´esercito regolare.

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