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Per una singolare coincidenza, il lancio esterno del Codice di Camaldoli coincise con la settimana dell’agosto 1943 nella quale il fascismo si autoaffondò con il famoso Ordine del giorno Grandi di sfiducia a Mussolini (il 19 agosto vi fu anche il terribile bombardamento a San Lorenzo al Verano).
Il Codice era il frutto di un intenso lavoro promosso ufficiosamente nell’ambito montiniano dei laureati di Azione cattolica. Il motore di questa fatica fu Sergio Paronetto, cresciuto alla scuola laica (ma così naturaliter christiana), un brillante funzionario dell’Iri, stretto collaboratore di Donato Menichella. Le ultime riunioni si erano svolte nella sua abitazione, essendo stato colpito da una malattia che lo stava letteralmente distruggendo. Ebbi la ventura di partecipare a quel piccolo cenacolo che, nella casa in via Guido Reni, analizzava le schede di questa tela insieme profondamente moderna e nel contempo radicata nella migliore tradizione sociologica “nostra”.
 
Accanto alle espressioni del movimento – io vi ero stato aggregato come presidente della Fuci e non certo per competenza professionale – vi erano padre Lopez, dotto gesuita della Gregoriana, e due professori di area fondamentalmente socialista: Ezio Vanoni e Pasquale Saraceno. All’inizio si era preso come base di lavoro il vecchio Codice sociale di Malines, ma si acquisirono molte altre esperienze e confronti, rigettando sia le soluzioni marxiste, sia la freddezza degli schemi capitalisti. Qualche tempo prima io, come direttore del quindicennale Azione fucina, avevo preso l’iniziativa di una Tribuna aperta per rispondere a un inquietante quesito che circolava, specie ad opera dei cosiddetti “comunisti cattolici”: “Perché solo alla fine del secolo la Chiesa aveva lanciato la Rerum novarum, quasi mezzo secolo dopo il manifesto comunista del 1948?”. L’iniziativa fu bloccata nella culla da un preciso veto venuto dai… Superiori.
Da Camaldoli veniva una risposta costruttiva alle ansie che prorompevano. Non è difficile constatare, testi alla mano, che i primi documenti programmatici della Democrazia cristiana si rifacevano chiaramente alle prime bozze del Codice di Camaldoli. Anche se questo non aveva dirette finalità di parte. Ma c’è di più. Al Codice si ispirano molte norme della Costituzione della repubblica.
 
Per molti di noi – appartenenti al… vecchio testamento pre-democratico – parlare di Camaldoli ha un duplice significato rievocativo. Da un lato ci riporta alla annuale settimana di formazione e aggiornamento teologico, legata alla lucida comunicativa dell’allora Don Giuseppe Siri, ma ancor più incisivo e tipico è il ricordo del lavoro svolto sul citato testo del Codice di Malines per dare vita ad un manifesto sociale dei cattolici italiani che servisse da inquadramento concettuale per gli sviluppi operativi dell’azione costruttiva della Dc e per un riferimento, stabile e super partes, nell’impatto politico con cui i cattolici si sarebbero venuti a confrontare. La rivendicazione del primato della persona umana e dei diritti della famiglia in antitesi con lo Stato onnipresente e soffocatore ci entusiasmava; mentre l’equilibrio tra validità economica degli schemi e tutela delle dimensioni di una società a misura d’uomo costituiva la nota caratteristica e qualificante delle soluzioni proposte.

La risposta alle ansie di un'epoca

Per una singolare coincidenza, il lancio esterno del Codice di Camaldoli coincise con la settimana dell’agosto 1943 nella quale il fascismo si autoaffondò con il famoso Ordine del giorno Grandi di sfiducia a Mussolini (il 19 agosto vi fu anche il terribile bombardamento a San Lorenzo al Verano). Il Codice era il frutto di un intenso lavoro promosso ufficiosamente nell’ambito…

VSP, i tre di Morbegno

Nel Codice di Camaldoli, c’è un capitolo, il quarto, sul “Lavoro” che risulta scritto da tre valtellinesi, tutti di Morbegno, Ezio Vanoni, Pasquale Saraceno e Sergio Paronetto. Non so se è noto che la ragione per cui Ezio Vanoni si avvicinò al movimento politico che De Gasperi stava costituendo a Roma, la futura Democrazia cristiana, mentre l’avventura militare italiana stava…

Così nacque la Dc

Aristotele ci ha insegnato che la politica è l’“arte” di governare le società. È dunque un atto profondamente creativo, che poggia su di un progetto e prescinde dagli umori e dall’orientamento dell’opinione pubblica. La politica non deve, insomma, inseguire il consenso (tantomeno attraverso i sondaggi); deve piuttosto raccoglierlo per effetto della sua forza propositiva e progettuale, per i valori di…

Dalla sconfitta al G-7

Non c’era ancora il vincitore della Seconda guerra mondiale, ma era chiaro che in Italia, dopo il ventennio fascista si andasse verso un assetto politico democratico. C’era tuttavia il problema di capire quale partito avrebbe avuto la forza elettorale per governare. Nel luglio 1943 la sorte del fascismo appariva segnata; la guerra era all’epilogo. Tuttavia, la coalizione che si avviava…

Equità, l'attualità di un valore

Il secondo dopoguerra ha registrato uno spettacolare progresso economico del nostro Paese e i principi ispiratori scritti nel Codice di Camaldoli hanno giocato un ruolo non indifferente. Il miracolo principale a mio avviso è stato però nella capacità di distribuire i benefici della crescita del reddito pro-capite a una quota vastissima della popolazione, creando una robusta classe media. Tutto questo…

Tra Stato e mercato, per il bene comune

Il titolo VI del Codice di Camaldoli, dedicato all’attività economica pubblica, presenta un coerente e articolato sistema di principi relativi ai rapporti tra Stato, società e mercato. Alla stesura di questa parte del Codice collaborarono attivamente Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno e Ezio Vanoni. A parte il primo, prematuramente scomparso, gli altri due studiosi testimonieranno fattivamente all’interno delle istituzioni la loro…

L'origine cristiana della democrazia

I migliori intellettuali cattolici, tra i quali Aldo Moro, Giorgio La Pira, Amintore Fanfani e Pasquale Saraceno, si ritrovarono a Camaldoli per discutere il futuro dell´Italia. La “linea” era stata data dalle conclusioni del settimo Convegno del Movimento laureati dell’Azione cattolica, nonché dalle posizioni sulla questione sociale del cardinal Mercier. La dottrina sociale ecclesiastica è un punto di riferimento per…

Una traccia per la repubblica che verrà

Sono profondamente convinto che senza una “nuova Camaldoli” è difficile sperare in una rigenerazione del nostro Paese. L’evento Camaldoli riassume il contributo originale che i cattolici seppero dare per la ricostruzione dell’Italia, a partire dalla Resistenza antifascista. Negli stessi giorni in cui a Roma il regime di Mussolini veniva messo definitivamente in crisi, nel monastero di Camaldoli un gruppo di…

Nuovi pionieri per costruire il futuro

“Il nuovo – scriveva don Primo Mazzolari – è strada che si fa perché qualcuno si è messo a camminare con animo di pioniere”. Quei “Principi dell’ordinamento sociale a cura di un gruppo di studiosi, amici di Camaldoli”, conosciuti poi come “Codice di Camaldoli”, sono la testimonianza del coraggio del cambiamento assunto, dal 1943 al 1945, da un gruppo di…

Un Codice anche per l'Europa

Nel 1943 a Camaldoli fu avviata da un gruppo di personalità note la riflessione sui principi, sui valori e sui fini che la politica economica italiana avrebbe dovuto seguire una volta finita la Seconda guerra mondiale e fosse stata avviata la fase della ricostruzione del Paese. Prese forma allora il cosiddetto Codice di Camaldoli che disegnò i fondamenti delle istituzioni…

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