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Il senso dell’iniziativa di Ghent – che ha promosso il pooling e sharing delle piattaforme militari europee – è di fare di più con meno. Ciò vuol dire che gli europei saranno spinti a mettere insieme i loro sforzi, migliorando il rapporto costi/benefici per mantenere, potenziare e anche ampliare le loro capacità, in modo da colmare il deficit strategico del loro arsenale. Il pooling e sharing è cominciato nell’unico modo in cui un’ambiziosa decisione collettiva può cominciare, con un’iniziativa politica dei ministri della Difesa della Ue.
 
È compito di ciascun ministro della Difesa attuare dall’alto la pianificazione della difesa nazionale nella direzione concordata con i propri colleghi. In troppi casi tuttavia, l’implementazione è apparsa inadeguata ed eccessivo è stato il margine lasciato all’industria nazionale. Come era prevedibile, ciò ha portato a un rallentamento della dinamica di integrazione messa in moto dal livello politico. Anche l’iniziativa di Smart defence della Nato, lanciata poco dopo, ha conosciuto uguale destino.
 
In una fase segnata dall’austerità, i contributi a nuovi progetti militari collettivi sono possibili solo riducendo le capacità nazionali. Ma gli Stati membri temono di contribuire troppo rispetto al loro limitato budget, specialmente se confrontato a quanto si aspettano di poter ricavarne. Inoltre, invocano la sovranità nazionale per resistere al pooling perfino delle capacità esistenti. Questa riluttanza è comprensibile, ma non giustificabile. Molte delle capacità nazionali cui sono così tenacemente attaccati non sono capacità reali, perché non possono essere usate in proiezione di potenza.
 
La sovranità che viene così protetta è dunque illusoria; senza capacità utilizzabili ai governi nazionali resta la piena libertà, sì, ma di non combinare niente! Invece l’esempio del Comando per il trasporto aereo europeo (Eatc) e dell’Admiral Benelux (lo Stato maggiore combinato delle marine belga e olandese) mostrano che un pooling spinto è perfettamente conciliabile con il massimo di sovranità. Esso anzi rafforza la sovranità, perché consente agli Stati di operare a livelli operativi cui, da soli, non potrebbero accedere.
 
La Ue non è obbligata a seguire il calendario Smart defence della Nato, a meno che non abbia qualcosa di concreto da offrire. E in effetti, ce l’ha. Il 1° dicembre 2011 il Consiglio dei ministri degli Esteri ha accolto l’impegno degli Stati membri a realizzare 11 progetti facilitati dall’Agenzia europea per la difesa (Eda). Su questo esito ha influito sia la nuova volontà politica dell’Eda, sia le iniziative di singoli Stati membri. Gli interessi industriali hanno giocato senz’altro un ruolo, ma si tratta di progetti che affrontano alcuni dei deficit fondamentali della sicurezza europea. È ora fondamentale raccogliere una massa critica di Stati membri per essere sicuri che questi progetti fondamentali siano implementati.
 
Come accaduto per il lancio dell’iniziativa di Ghent, ciò richiede un processo decisionale collettivo e dall’alto. Solo i leader politici di punta hanno l’autorità per imporsi alle rispettive comunità industriali-militari, riorientando gli investimenti e i tagli in modo da partecipare ai progetti collettivi. È forse giunto il momento di spostare la competenza della difesa al livello superiore del Consiglio europeo. Sotto la presidenza di Herman Van Rompuy, il Consiglio ha avviato la prassi di preparare i summit più importanti tra la Ue e le altre grandi potenze.
 
Alcuni potrebbero istintivamente rigettare la prospettiva di un “gruppo europeo” all’interno della Nato. Tuttavia, senza un’azione concertata, l’Europa non ha i mezzi per superare i propri deficit di capacità. A rigor di logica, dovrebbe essere più facile superare un problema europeo tra nazioni europee, nel quadro previsto dalla Politica europea di sicurezza e difesa comune (Pesd). La compatibilità tra i progetti di sviluppo Nato e Pesd è del 100%. Le capacità sviluppate dagli Stati membri con l’Eda o la Nato possono essere dispiegate in qualsiasi quadro. La Nato rimane il forum per avviare quei programmi a cui europei e americani vogliono contribuire assieme. I nuovi obiettivi e le nuove capacità militari sviluppate dagli europei, attraverso la Pesd, possono essere incorporati come tali nella pianificazione militare Nato. Lo scopo non è che tutti i membri della Ue contribuiscano a tutti i progetti.
 
Le capacità europee rimarranno un incastro complesso di aspetti nazionali e multinazionali. In alcune aree multinazionali, il pooling sarà tra molti settori di pochi Stati, in altre, in cui si richiede una maggiore massa critica, ci sarà forse una sola capacità resa possibile da una dozzina o più di Stati. Per gestire questo incastro e far sì che la somma dei pezzi sia un set coerente di capacità europee, non basterà un approccio coordinato a livello tattico, progetto per progetto. Sia l’iniziativa di Ghent sia la Smart defence richiedono esplicitamente un approccio tridimensionale.
 
Oltre al pooling della cooperazione vi è la necessità di decidere quali capacità dovranno avere la priorità e quali dovranno essere fornite attraverso lo sharing. Ciò si otterrà solo se gli Stati membri andranno oltre l’attuale approccio “progetto per progetto”, per adottare una pianificazione strategica, coordinata delle difese nazionali. Solo un dialogo permanente e strutturato a livello politico tra i ministri della Difesa Ue può condurre a risultati di trasparenza, certezza e fiducia. Ciò consentirà a ciascun ministro di dare chiare ed efficaci direttive ai capi di Stato maggiore affinché riducano le capacità utilizzabili, abbandonando quelle ridondanti (di cui troppi esempi abbiamo oggi in Europa) e di liberare le risorse necessarie per condividere progetti e investimenti collettivi su specifiche piattaforme necessarie per acquisire leve strategiche.
Il vero valore aggiunto della cornice offerta dalla Pesd è questo dialogo strategico tra i pianificatori delle varie difese nazionali. Tutti coloro che ne sono coinvolti farebbero bene ad incoraggiarlo.
 
Tratto da una pubblicazione dell’Agenzia europea per la difesa
Traduzione di Marco Andrea Ciaccia

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