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E’ necessaria una nuova riforma delle pensioni od una manutenzione straordinaria di quella varata nel 1995 (e da allora già ritoccata un paio di volte)? Probabilmente, l’ipotesi più verosimile è la seconda.
Jagadeesh Gokhale, del Cato Institute di Washington, frequente consulente di istituzioni finanziarie internazionali, ha pubblicato dati interessanti sul debito pubblico complessivo dei principali Paesi della comunità internazione in proporzione al Pil quale era prima dell’attuale crisi finanziaria. Per debito pubblico complessivo si intende lo stock di debito delle pubbliche amministrazioni in senso stretto a cui viene sommata una stima attualizzata (ossia riportata ad oggi) dei futuri obblighi netti degli enti previdenziali (nei prossimi trent’anni). L’analisi è uscita quasi un anno fa nel bollettino dell’Istituto ai soci , quindi una pubblicazione a circolazione ristretta ma nessuno la ha smentita o confutata.
In breve, il debito pubblico italiano è da capogiro se si include anche quello degli istituti previdenziali: ben il 364% del Pil. Ciò indurrebbe a pensare che, anche a ragione dell’invecchiamento delle popolazione, è essenziale ed urgente una nuova riforma. E’, però, inferiore alla media dell’Ue a 25 (ossia senza considerare Bulgaria e Romania): un massiccio 434% del Pil, con i dati per la Polonia (1550% del Pil), della Slovacchia (1149% del Pil) e della Grecia (875% del Pil), addirittura da svenimento. E’ anche un fardello meno pensante di Francia (550% del Pil), Gran Bretagna (442% del Pil) e Germania (418% del Pil). Pare leggero se raffrontato alle stime per gli Usa dove ad un debito pubblico totale (Governo federale, Stati dell’Unione, previdenza obbligatoria, sanità per i poveri e gli anziani) che sfiora il 500% si aggiunge un debito di individui, famiglie ed imprese pari al 300% del Pil.
Indubbiamente, non c’è da stare allegri, soprattutto per le nuove generazioni. Ma altrove la situazione è ben peggiore che da noi, soprattutto in Francia, oltre che in Grecia: nei due Paesi l’età “normale” della pensione è 60 anni- sia Sarkozy sia Papandreu hanno tentato di cambiarla, senza alcun esito (almeno per ora). Un lavoro di Robert Holzmann della Banca mondiale, indica il sistema contributivo figurativo (di cui Italia e Svezia sono stati i precursori nel 1995) come la strada da seguire per rimettere le cose a posto in Europa. Analoghe le conclusioni di due volumi curati da Nicholas Barr (London School of Economics) e da Peter Diamond (Massachussetts Institute of Technology): un’analisi approfondita delle riforme della previdenza realizzate negli ultimi quattro lustri in varie parti del mondo. Barr e Diamond indicano il sistema contributivo figurativo come quello verso cui si dovrà andare anche se, correttamente, insistono per una serie di modifiche per rendere più semplici gli adeguamenti alla dinamiche demografiche ed economico-finanziarie. Quindi, l’obiettivo dovrebbe essere più una manutenzione straordinaria che una nuova riforma.
Ad una semplificazione ed adattamento (alla demografia) dei singoli sistemi previdenziali, i cittadini dell’Europa in via d’integrazione sono meno ostili di quanto non si pensi. Un lavoro a più mani di università Usa ed europee sulla base di un’indagine su un campione di 22610 adulti in 23 Stati dell’Ue indica che quelli in cui si nutrono maggiori paure sul futuro della previdenza sono i Paesi in cui l’età legale (ed effettiva) della pensione è bassa e l’invecchiamento è rapido. Se ne deduce un’implicazione per la “manutenzione straordinaria” da attuare in Italia: agevolare gli incentivi già impliciti nel sistema contributivo a ritardare il momento in cui si va effettivamente a riposo. Nel lungo termine, quando, il sistema sarà a regime conterrà un pilota automatico che faciliterà il raggiungimento di questo obiettivo. Nel contempo, occorre pensare ad accorciare la fase di transizione.
Per saperne di più
Hersey D., Henkens K, Van Dalen H., What Drives Pension Worries in Europe? A Multilevel Analysis, Netspar Discussion Paper No. 10/2009-055
Gokhale J., Measuring the Unfunded Obligations of European Countries, National Center for Policy Analysis, Cato Institute 2009
Barr N., Diamond P., Reforming pensions, Oxford University Press 2008

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E’ necessaria una nuova riforma delle pensioni od una manutenzione straordinaria di quella varata nel 1995 (e da allora già ritoccata un paio di volte)? Probabilmente, l’ipotesi più verosimile è la seconda. Jagadeesh Gokhale, del Cato Institute di Washington, frequente consulente di istituzioni finanziarie internazionali, ha pubblicato dati interessanti sul debito pubblico complessivo dei principali Paesi della comunità internazione in…

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