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Quella di Fraud Sciences è una storia mediterranea. Locale e globale. È la storia di una start-up tecnologica che crea una competenza codificata, ne fa un vantaggio competitivo e la trasforma in un progetto imprenditoriale capace di attrarre l’interesse della più grande multinazionale del settore.
 
Tutto ha inizio là dove tutto ebbe inizio e dove tutto, almeno dicono le scritture, tutto finirà. Siamo in Israele, terra al centro del mediterraneo che ha conosciuto l’isolamento al limite dell’embargo, l’emigrazione al limite della diaspora. Un gruppo di giovani, dopo aver terminato il periodo della loro vita che lo Stato ha chiesto loro prestando il servizio, soldati dell’esercito israeliano, intraprende un’iniziativa imprenditoriale con l’obiettivo di sviluppare una piattaforma software capace di identificare, sulla rete, minacce terroristiche. La minaccia più temibile per lo Stato d’Israele e, oggi, per l’Occidente tutto. L’iniziativa capitalizza quelle conoscenze che Shvat Shaked e i suoi amici e soci hanno appreso durante il servizio di leva dove la prevenzione, attraverso i più sofisticati metodi e le più avanzate tecniche di intelligence, è l’arma di difesa più efficace per garantire la sicurezza di milioni di innocenti.
 
Alcune decine di giovani informatici mettono a punto, in pochissimo tempo, la piattaforma. A Shvat, che è il leader pur non portando su di sé i caratteri del tecno-manager rampante e baldanzoso, si presenta l’occasione, un promettente elevator pitch. Ha la possibilità di presentare la sua società all’Ing. Thompson, presidente di PayPal che, con 18 miliardi di dollari di fatturato, è la più grande piattaforma di acquisti on-line del pianeta.
L’elevator pitch è il termine che nelle aule dove si tengono i corsi dei Master in Business Administration indica il carpe diem. E se il buon Machiavelli nel Principe ci ammoniva del fatto che la fortuna lascia solo il 50% del destino dell’uomo al suo libero arbitrio, tale percentuale ha da assottigliarsi parecchio durante un elevator pitch. Tant’é.
 
Il corso degli eventi, per quanto uno si possa strutturare, farsi voce di una scaletta che mette a fuoco i plus, che riassume la SWOT indicando revenues, roi ed ebitda, va un po’ come deve andare. In pochi secondi uno è quello che sembra, quello che le poche parole, sulle esili spalle delle sfumature, informazioni, significati, riescono a portare al destinatario.
Quando Shvat sintetizzò la mission della Fraud nella capacità, attraverso una piattaforma di sicurezza informatica, di discernere la brava gente dalla cattiva gente, Thompson dovette pensare ad uno scherzo che la Benchmark Capital, consorella di PayPal, aveva ordito nei suoi confronti proponendogli quell’incontro. Thompson seppe tenere a freno l’irritazione e chiese al suo giovane interlocutore, con l’aria di chi ti sta concedendo l’ultima possibilità, dove avessero imparato a farlo. Shvat con prontezza e calma rispose: “Dando la caccia ai terroristi”.
 
Thompson capì che doveva concedere al giovane Shvat dell’altro tempo e venne al punto: “Quante transazioni avete analizzato?” – Shvat aveva condotto il suo importante elevator pitch dalla sua parte, aveva l’occasione di parlare della sua creatura. E buttò sul tavolo le cifre. Quarantamila transazioni in cinque anni, solo quattro errori commessi. Cifre cui Thompson stentava a credere ma che valsero a Shvat l’opportunità di essere messo alla prova. Thompson fece inviare dai suoi tecnici un estratto di transazioni degli archivi della PayPal. Shvat e i suoi li avrebbero analizzati e confrontato i risultati ottenuti con quelli ottenuti dagli algoritmi su cui due mila tecnici della PayPal avevano lavorato decenni. Un’impresa che stanca solo descriverla.
 
Inutile dire come andò a finire, Fraud Sciences disponeva di una piattaforma molto più efficace di quella di PayPal. Gli errori che il sistema di Shvat e compagni commetteva erano inferiori di circa il 20% a quelli commessi dal sistema adottato da PayPal. In altre parole, il sistema di PayPal era troppo conservativo il che si traduceva nella perdita di clientela che veniva esclusa dal sistema perché giudicata erroneamente non affidabile dal sistema.
C’era il vantaggio competitivo, c’era l’opportunità e Thompson la colse. PayPal comprò la Fraud con una valutazione di 200 milioni di dollari.
 
Questa storia di business ci da molte lezioni. La prima: quanto sia importante l’identità e il codice genetico di un’ iniziativa. Di come le competenze che nascono per risolvere un problema, dai connotati spiccatamente tipici e locali, possano costituire quel vantaggio competitivo che conduce al successo globale. Pensate, rimanendo in Israele, al kibbutz o al caso Nokia nella penisola scandinava, dove la bassa concentrazione demografica fece da grimaldello all’esplosione del fenomeno della telefonia mobile.
 
Secondo: quanto sia importante l’internazionalizzazione. Quanto sia alla base del successo, oggi, in particolare oggi, il concentrarsi su prodotti e/o servizi che siano nella propria natura fatti per essere venduti sul mercato globale, fuori da qualsiasi logica autarchica. Terzo, di come la leva della sicurezza sia oggi, in questa fase di forte rarefazione della domanda in un po’ tutti i settori del commercio, la leva di politica economica più efficace.
 
E’ ovvio che Israele per dimensioni, storia, e infinite altre ragioni non è assimilabile all’Italia. E’ vero che un paese come l’Irlanda, che si è ispirato al modello israeliano, non è poi riuscito, se non nel breve periodo, a riprodurne le dinamiche così favorevoli.
Ma è altrettanto vero che il programma che l’Italia aveva intrapreso alla fine degli anni novanta, quello di avviare un settore fatto di imprese ad alto contenuto di tecnologia e conoscenza, alla stregua della Silicon Valley, non è stato completo in quanto continua a mancare un termine della filiera. Quello rappresentato dai Venture Capital, i portatori di capitale di rischio. Il programma, messo a punto dal governo israeliano, denominato Yozma, potrebbe fornire al governo Monti qualche spunto.
 
Michele Fronterrè, siciliano, laureato in Ingegneria Aerospaziale al Politecnico di Torino 10 anni fa. Nel 2007, ha co-fondato presso I3P, l´acceleratore d´imprese del Politecnico di Torino, Ingenia, una start-up che opera nel mercato dell´uso razionale dell´energia. Dalla fine dello stesso anno si occupa anche dello sviluppo commerciale di Cantene, società sempre all´interno di I3P che si occupa di servizi di ingegneria quali l´analisi, mediante l´utilizzo di simulazioni numeriche, di fenomeni d´incendi in spazi confinati.
Ha scritto “Imprenditori d´Italia, storie di successo dall´Unità a oggi” (Edizioni della Sera, 2010)

Una start-up contro il terrorismo

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