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Padre Mario Tessarotto è missionario scalabriniano operante in Sud Africa nella missione comunitaria della Diocesi di Cape Town, distretto 6, dal 1996, dove si è occupato di diversi progetti scolastici e di aiuto di emergenza per i profughi dello Zimbabwe, dell’Angola e di altri paesi. Lo intervistiamo per sentire cosa succede in Sudafrica dopo i gravi episodi di violenza e xenofobia del mese corso nel paese e per avere un quadro dell’esodo di molta gente dal vicino Zimbabwe, in piena crisi umanitaria e politica. 
 
D. Il ballottaggio in Zimbabwe è stato eliminato o sarà falsato perché senza opposizione. Nel paese è riesplosa la violenza. Cosa raccontano i rifugiati che lei accoglie ogni giorno?
 
P.M.T. Dallo Zimbabwe scappano via in tantissimi e sono circa un milione e mezzo qui in Sudafrica ormai. Il presidente sudafricano, cognato alla lontana con Mugabe, avrebbe dovuto favorire il dialogo e discutere, ma ha sempre sottovalutato la situazione. Solo adesso sta condannando apertamente il presidente Mugabe. Mbeki, inoltre, non ha voluto concedere nemmeno lo status di rifugiato o di migrante ai cittadini dello Zimbabwe ed è questo uno dei motivi per cui sono scoppiate le violenze xenofobe. Ci sono un milione e mezzo di clandestini che girano per il paese, ma non possono presentare documenti, trovare lavoro stabile e dichiarato. In Zimbabwe va sempre peggio. Nessuno ha il coraggio di dire le cose così come sono. Mandela lo ha fatto, ma poi ha lasciato che i politici facessero le loro analisi, eppure ha sempre trattato Mugabe come un dittatore quale è, perché Mandela è stato sempre un uomo molto spontaneo e passionale. Lo Zimbabwe è nelle mani di uno squilibrato arterio-sclerotico ancora ossessionato dal “nemico colonizzatore britannico” e dal “potere nero”, intanto l’agricoltura è a pezzi perché i neri non la sanno coltivare. I neri in Zimbabwe hanno vissuto in un continuo regime di protezione ed alcuni studiavano perfino…Cosa avrebbero potuto fare in campagna? Tutto è bruciato, tranne i terreni del presidente che si è costruito tre farm e poi ha distribuito altri possedimenti a ministri e generali… 
 
D. Perché il Sudafrica, paese da sempre molto attivo nonché uno tra i più democratici del continente, non è intervenuto in modo incisivo? 
 
P.M.T. Il Sudafrica è spaccato a metà ed il presidente non si vuole bruciare la sua parte di consenso. L’altra fazione è rappresentata da Zuma e si è lamentata solo quando gli immigrati sono stati picchiati da facinorosi che si spacciavano per attivisti della sua fazione dell’ANC e cantavano l’inno del partito. I politici si riempiono la bocca di belle parole e poi si disinteressano, anzi sotto sotto sperano che tutti gli immigrati ritornino a casa loro o vadano via e liberino il lavoro per i sudafricani. Eppure la maggior parte degli immigrati è costituita da laureati, da gente operosa mentre il sudafricano è orgoglioso e per la maggior parte soffre di una pigrizia atavica. Così l’immigrato dello Zimbabwe trova lavoro come custode o guardia privata, è disposto a lavorare nei fine-settimana, si impegna nell’artigianato e nella professione libera e quindi è ricercato dai committenti e dagli imprenditori che non vogliono perdere soldi.  
 
D. Come mai è cambiata così tanto la società sudafricana e, in particolare, la società nera nel paese? 
 
P.M.T. Durante l’apartheid le persone di colore non potevano essere muratori, falegnami, idraulici, in modo autonomo, ma solo fare la scarsa manovalanza. Sono sempre stati abituati ai lavori più scarsi, ma certe famiglie, che lavoravano nelle case degli europei e dei bianchi, ricevevano vitto ed alloggio e i loro bambini andavano a scuola. Ma, soprattutto, c’è un’incapacità enorme e diffusa a causa di molte leggi fatte senza programmazione: l’Affirmative Action o il Black Parliament (che devono garantire un quota di gente di colore in ogni attività o settore pubblico o privato) servono solo a sviluppare la pigrizia della gente, a favorire i neri dovunque, a prescindere dalla loro esperienza e capacità. Tempo fa un italiano ha presentato un progetto per un bando di edificazione di un liceo da 2000 persone. Vi hanno partecipato anche un grosso costruttore bianco ed infine un costruttore di colore: ha vinto quest’ultimo, nonostante il prezzo più alto. Poi il vincitore si è presentato dall’italiano e gli ha detto: “Io ti do i soldi e tu lavori e costruisci”. Questo è un tipico esempio di persona di colore che non ha imparato nulla dalla fame del passato, ma anzi fa addirittura affari senza alcuna attività concreta. 
 
D. La scorsa settimana, anche a Cape Town, ci sono stati incidenti: una sorta di lotta tra gente di colore. Lei la considera più xenofobia o più razzismo? 
 
P.M.T. Il governo preferisce parlare di xenofobia, ma tutti dicono che sono ritorni di razzismo perché non è possibile che la gente sia così violenta, in modo atroce al di là della delinquenza comune. Mentre il razzismo serpeggia proprio fra la gente di colore di diversa generazione, il governo pensa unicamente a proteggere l’immagine del paese, il turismo, i progetti ed i finanziamenti per i mondiali di calcio del 2010, ma poi lascia che accada di tutto nelle zone più povere.  
 
D. In che modo riuscite ad aiutare ed a venire incontro a questa marea di immigrati che affollano ormai il paese?
 
P.M.T. Le dico solo che nelle ultime sere ne ho raccolti cinquecento di persone sbandate che provenivano dal confine. Senza soldi abbiamo creato una cucina da 800 posti. Fortunatamente ora c’è chi ci sta finanziando. Si spendono però circa 1000-1500 euro alla settimana solo per il cibo. Arrivano da ogni parte dell’Africa, dal Burundi, dal Congo, dal Ruanda, ma solo quelli dello Zimbabwe sono senza permesso e per cercare di sfuggire ai controlli, riescono a mimetizzarsi fra le genti dell’ etnia Matabele, di cui hanno in comune lingua e dialetti.
 
D. Come pensa potrà evolvere la situazione in Zimbabwe e di riflesso anche in Sudafrica? 
 
P.M.T. C’è molta gente che vorrebbe fuggire e venire qui, ma che ha paura di superare il confine. Ci sono stati più di 500 morti tra Johannesburg ed Alexandria nello scorso mese. Io ho solo un timore: il Sudafrica si è sempre dimostrato il paese più evoluto democraticamente, ma se inizia a subire la stessa tensione che c’è da anni negli altri paesi dell’Africa del Sud, allora, noi europei saremo costretti a tornare a casa, perché si andrà incontro a 50 anni di terrore, proprio come in passato. Ormai è un conflitto fra gente di colore ed è questo il lato più grave della cosa. Generalmente la gente di colore ha ancora timore reverenziale verso i bianchi e non la attacca perché la vede molto compatta  e sicura. Sono i costumi della gente di colore, soprattutto con meno cultura, che sono peggiorati: non hanno alcuna progettualità per il futuro, né interesse per ciò che non sia guadagnare e spendere in feste e divertimenti.  
 
D. Esiste una generazione sudafricana alternativa e differente oppure è tutta livellata su questi schemi? 
 
P.M.T. Vede, questa gente è stata tutta attirata dalle campagne verso la città. Entrando in città ha perso i valori tribali, ottimi, genuini sul piano umano. Pensi che qui nella lingua Xhosa per definire e classificare un uomo ci sono diciassette categorie, dal più piccolo fino al vecchio saggio. Ci sono adulti ed anziani, invece, che, dopo il loro trasferimento in città non potranno mai essere classificati come “uomini veri” secondo la dicitura tribale, perché bevono, cercano donne, rubano…Questi principi, ormai dispersi, creano i presupposti per la criminalità e per un razzismo più culturale che di colore. Si ammazza ormai anche per un cellulare. Ognuno, purtroppo, ha la generazione che costruisce nel tempo.  

Un razzismo culturale

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