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Il Messico sta intensificando la sua campagna contro i cartelli della droga, una strategia che non è solo volta a migliorare la complicatissima sicurezza interna, ma anche a rispondere alle crescenti pressioni politiche ed economiche degli Stati Uniti, in particolare dopo il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump. L’ex presidente, e attuale candidato alla rielezione, ha reiterato la necessità che il Messico prenda misure più incisive per fermare il traffico di fentanyl e controllare i flussi migratori irregolari lungo il confine. Attorno a questo è ruotata la discussione sull’introduzione di dazi contro le importazioni messicane: misura durata poche ore, perché poi Trump ha ricevuto assicurazioni dirette dalla presidente messicana, Claudia Sheinbaum, che lo ha accontento garantendo un impegno sui traffici illeciti al confine (droga in primis, ma anche migranti) e permettendogli di rivendicare una vittoria simbolica con il suo elettorato.

Andando oltre al contesto politico legato al consenso, la questione è enorme e piena di difficoltà. La città di Nuevo Laredo, principale snodo commerciale al confine con il Texas, incarna per esempio le contraddizioni della lotta del Messico contro i cartelli. Giovedì , mentre si inaugurava un nuovo ponte ferroviario da 100 milioni di dollari per facilitare il commercio transfrontaliero, la città è stata teatro di violenti scontri tra l’esercito messicano e il Cártel del Noreste (motivo: l’arresto del numero due del cartello). Le autorità locali hanno imposto ai residenti di restare in casa per evitare i combattimenti, coprifuoco da zona di guerra, perché tale è lo scontro tra le forze messicane e quelle — ormai armatissime — delle organizzazioni del narcotraffico. La città, vitale per il commercio bilaterale con gli Usa con i suoi tre milioni di camion all’anno, è anche una delle zone più pericolose del Messico. La situazione della sicurezza è così grave che molti imprenditori della vicina Monterrey preferiscono evitare del tutto la zona.

Questo doppio volto di Nuevo Laredo — un vivace centro commerciale di frontiera e un campo di battaglia della guerra alla droga — rappresenta le questioni su cui Trump ha chiamato in causa il Messico e la lotta che Sheinbaum affronta nel tentativo di placarlo, spiega il Financial Times. Per evitare tariffe del 25% sulle esportazioni messicane verso gli Stati Uniti, il governo messicano ha accettato di schierare 10.000 soldati della Guardia Nazionale al confine. Serviranno per contrastare il traffico di droga e migranti. Tuttavia, con una frontiera lunga circa 3.200 chilometri e il traffico giornaliero di 20.000 camion e 200.000 veicoli, queste misure potrebbero essere insufficienti. Il grande problema è il traffico di fentanyl, un oppioide così concentrato che l’intero fabbisogno illegale annuale degli Stati Uniti potrebbe essere trasportato in pochi pick-up.

Il Messico non ha strumenti e struttura, oppure non ha completa volontà (e capacità politica) per muoversi contro i cartelli? Particolarmente imbarazzante per Sheinbaum è stato per esempio un ordine esecutivo della Casa Bianca, di sabato scorso, che accusava il governo messicano di una “alleanza intollerabile” con i cartelli della droga. Accusa respinta con forza, ma che ha sollevato interrogativi sui possibili legami tra le autorità e il crimine organizzato.

Trump ha ora rilanciato la pressione con un ordine esecutivo che mira a designare i cartelli come organizzazioni terroristiche straniere. Questa mossa potrebbe aprire la strada a sanzioni economiche e a interventi militari. Alcuni repubblicani hanno anche proposto operazioni armate in Messico, inclusi attacchi con droni contro laboratori di droga. La presidente Sheinbaum, al potere da ottobre, ha adottato un approccio più aggressivo rispetto al suo predecessore López Obrador. Sono aumentate le operazioni militari e le confische di droga, tra cui il più grande sequestro di fentanyl nella storia del paese. Tuttavia, la situazione nei punti caldi della violenza rimane critica e le risorse operative sono limitate a causa di tagli al bilancio.

Secondo alcuni analisti, la cooperazione tra Messico e Stati Uniti potrebbe ampliarsi con un maggiore coinvolgimento di agenti e risorse americane sul territorio messicano. Il Pentagono non nega la possibilità di un coinvolgimento di carattere militare. Tuttavia, la possibilità di operazioni ufficiali della Difesa statunitense resta un argomento estremamente delicato per la sovranità messicana. Sondaggi recenti mostrano che, sebbene molti messicani siano favorevoli a un sostegno tecnico e logistico da parte degli Stati Uniti, rifiutano categoricamente l’invio di agenti o truppe americane. Intanto, episodi come il recente volo di un aereo da ricognizione militare americano vicino alla penisola della Baja California sono percepiti come messaggi di avvertimento ai cartelli da parte degli Stati Uniti.

L’attuale strategia messicana di contrasto ai cartelli della droga si colloca in un complesso contesto geopolitico e anche per questo prende particolare attenzione internazionale (mediatica) in questo momento. Da un lato, Sheinbaum deve dimostrare a Trump di poter garantire risultati concreti, dall’altro deve bilanciare le crescenti richieste di collaborazione americana con la necessità di preservare la sovranità del Messico. Il successo o il fallimento di questa strategia avrà importanti ripercussioni non solo per la sicurezza interna, ma anche per le relazioni economiche tra i due paesi.

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