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La creazione del mercato unico, sebbene un obiettivo fin dal Trattato di Roma, ha avuto (e ha ancora) bisogno di tempo. Alcuni settori si sono europeizzati prima di altri e in coda a questo processo sono rimasti quelli in cui i governi nazionali sono maggiormente presenti (spesso con controllo diretto dei monopoli in via di smantellamento) e/o quelli in cui la componente umana è rilevante (lavoratori nel ciclone della concorrenza europea potrebbero rivelarsi elettori scontenti). Proprio per accelerare questa coda, secondo quanto richiesto dal Presidente della Commissione Barroso, Mario Monti ha presentato il 10 maggio scorso un documento di analisi e di suggerimenti.
Il settore postale, che pesa circa l’uno per cento del PIL dell’UE, sta entrando nella sua ultima fase di un processo di liberalizzazione durato un ventennio. Entro fine anno dovrà essere infatti recepita la direttiva che permetterà la concorrenza nel segmento di mercato ancora protetto e più significativo: il trattamento di lettere fino a cinquanta grammi.
 
Come i servizi di trasporto, di telecomunicazione ed energetici, quelli postali sono considerati servizi di interesse economico generale, fondamentali tanto per la competitività dell’economia quanto per la coesione sociale. All’interno di linee-guida stabilite a livello UE, nel rispetto del principio di sussidiarietà ogni paese è libero di definire le caratteristiche del servizio universale da garantire ai propri cittadini, ovvero quali servizi postali devono essere forniti indiscriminatamente a tutti a prezzi accessibili.
Questo servizio universale, in un paese come il nostro (per caratteristiche del territorio e di distribuzione della popolazione) può non essere profittevole se il prezzo, che naturalmente il mercato individuerebbe, viene abbassato da un’autorità pubblica per renderlo accessibile a tutti i cittadini. Il fornitore del servizio universale può quindi incorrere in perdite ed è per questo che Poste Italiane ha ricevuto 2,17 miliardi dallo Stato a titolo compensativo per il servizio universale reso dal 2004 al 2009. Compensazione che però, da quanto emerge da un’indagine della Commissione, nel 2006 ha coperto soltanto il 60 per cento dei costi effettivi del servizio!
 
Ecco allora che secondo questa rubrica, il recepimento formale della direttiva può essere una buona occasione per introdurre dei cambiamenti sostanziali coerenti con gli obiettivi dell’UE e quindi con l’interesse dei consumatori, del nostro governo e delle aziende del settore.
Mantenendo immutata l’attenzione per il servizio universale, bisognerebbe innanzitutto riflettere sul suo perimetro. Quali devono essere i servizi essenziali da garantire a determinate condizioni (in primis frequenza e prezzi)? Bisognerebbe analizzare quali attività possono essere affidate alle regole di un’offerta concorrenziale (ovviamente controllata dalle regole antitrust) dalla raccolta al trasporto, dallo smistamento alla distribuzione di lettere, pacchi, raccomandate, assicurate… prevedendo l’esclusione dell’offerta strettamente di tipo business.
Se la scelta del candidato in grado di fornire il servizio universale al costo minore non potrà avvenire efficacemente mediante una procedura di gara pubblica, e se il costo del servizio universale continua ad essere superiore ai ricavi, dato il prezzo stabilito per legge, allora bisognerà conoscere, e compensare adeguatamente, i costi effettivi di produzione. Questo per evitare la violazione delle regole sugli aiuti di Stato (in caso di compensazione troppo alta) e la penalizzazione dei conti dell’azienda incaricata (in caso di compensazione troppo bassa, come nel 2006 con Poste Italiane).
 
Un servizio universale affidato ad un monopolista (selezionato tramite gara o regolato da un’autorità indipendente) è quindi compatibile con gli obiettivi della direttiva e con le regole dei servizi di interesse economico generale. Tuttavia il resto del mercato dei servizi postali deve essere liberalizzato. Per favorire una concorrenza effettiva in questo ambito, tutti gli operatori dovranno giocare ad armi pari. Si fa riferimento alla questione dell’esenzione IVA, attualmente estesa a tutti i servizi postali; tale strumento che trova origine quando il settore postale era ancora in mano ai monopoli di Stato. Oggi un’esenzione potrebbe essere limitata al servizio universale, così come indicato da una recente sentenza della Corte di Giustizia e come già in vigore in buona parte dei paesi dell’UE tra i quali Germania e Francia. Lasciando inalterata la struttura di prezzo per i soggetti interessati dal servizio universale, sarà possibile per il governo garantire le condizioni per una concorrenza in grado di far riprendere il settore (crollato di circa il 4% nell’ultimo triennio) e avere, allo stesso tempo, qualche risorsa fiscale in più da utilizzare per rilanciare la nostra economica.

Il postino suona alla porta. E' arrivata la liberalizzazione

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