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È la generazione che quotidianamente spende più di tutte, ma è anche quella che meno ricorre a prestiti. È la generazione che dice di informarsi sull’attualità meno di tutte, ma è anche quella che afferma di avere più incertezze nel futuro. È la generazione che ha meno fiducia negli amici, ma è quella che utilizza di più i social network. È la generazione dei millennials italiani, che nell’accezione comunemente definita comprende i giovani e giovani-adulti fino a 29 anni.
 
Una generazione che segna una decisa rottura con quella precedente, la decantata generazione X (gli attuali 30-45nni), e ha per la maggior parte come genitori i boomers (46-64enni) e per nonni i cosiddetti silents (nati prima del 1945, quelli che hanno vissuto ai tempi di almeno una delle Guerre mondiali). La facilità con cui maneggiano le nuove tecnologie rende i millennials unici agli occhi delle altre generazioni, che per questo tendono a identificarli con computer e telefonini. D’altra parte, in questo campo, non fanno nulla per nascondersi: quasi la metà di essi, oggi, possiede uno smartphone e per informarsi la stragrande maggioranza predilige Internet. Ma oltre a questo, c’è di più.
 
Scanzonati o nichilisti? Come spesso accade probabilmente la verità sta nel mezzo. Nati con il mito della globalizzazione, ma ben presto ritrovatisi fino al collo nella peggiore crisi finanziaria dal Dopoguerra in avanti, i millennials credono un po’ meno degli altri, ad esempio, che il difficile andamento dell’economia italiana sia dovuto alla negativa situazione economica globale (60,8% contro l’89,1% della generazione X e 71,9% dei boomers).
 
Sono consapevoli che i problemi odierni dell’economia italiana (compresa la dilagante disoccupazione) derivano in parte dalla condotta dei loro predecessori, dai quali per questo si sentono collettivamente un po’ traditi. Ma allo stesso tempo, personalmente, sono grati alla propria famiglia, alla quale riconoscono il valore educativo: per i millennials, più che per le altre generazioni, l’obiettivo principale di vita è quello di essere dei buoni genitori. Oltre all’avere una casa, e una carriera di successo. La rivoluzione tecnologica (e dunque l’essere “always-on”) ha abbattuto i confini tra vita e lavoro, rovesciando il sistema di valori consolidati e facendo interrogare i millennials sul gap che si è formato tra quello che l’economia produce e la qualità di vita personale.
 
Carriera di successo allora non vuol dire diventare famosi, bensì guadagnare molti soldi. Dove per “molti”, con aspettative quantomeno ridotte, si intende quelli necessari. Una nuova frugalità che rende auto-assolvente la spesa totale del proprio reddito e così l’impossibilità (per certi versi quasi considerata un’inutilità) di risparmiare. Anche perché, gli stessi millennials, assegnano un giudizio estremamente positivo alla situazione finanziaria della propria famiglia, che invece, nella veste dei boomers, tende a non essere così entusiasta della propria condizione. La pluri-inflazionata società liquida fa sentire tutto il suo peso sulle spalle dei giovani e giovani-adulti, che così preferiscono vivere nel presente, alla luce di un futuro che in ogni caso non dà certezze. Meglio affidarsi ai valori tradizionali e alle referenze prossimali. Ormai lontani dal misticismo (è rappresentata una forte componente atea e agnostica, sebbene la maggioranza si dichiari cattolica ma non praticante) continuano infatti a credere nell’importanza del ruolo della Chiesa, tra le categorie sociali di cui hanno più fiducia.
 
Nell’epoca di facebook, in cui si sostiene una causa umanitaria con un click, prende significati diversi anche il loro desiderio di fare qualcosa per gli altri. Tuttavia è un altro non meglio definito: i millennials rappresentano infatti la categoria che sente meno delle altre l’imperativo sociale del senso civico. La politica si trasforma in appartenenza e tifo da stadio? Loro non vanno a votare. Il volontariato, seppur apprezzato per i suoi risultati comunitari, contiene una forma di edonismo che non li riesce a coinvolgere in prima persona. Scanzonati o nichilisti? Probabilmente la definizione migliore è quella di “eudemonisti”.
 
Eudemonismo è una parola che proviene dall’antica Grecia, e letteralmente vuol dire “essere con un buon (eu) demone (daimon)”, dove il demone rappresenta il genio, lo spirito guida. Secondo Aristotele gli esseri umani possono raggiungere lo stato di “eudaimonìa” realizzando il proprio potenziale e vivendo in modo virtuoso, l’unica via per sentirsi bene con se stessi. Come i millennials sanno non c’è un’unica strada verso l’eudaimonìa. Bensì si tratta di una tensione verso la felicità con le scarse risorse che ciascuno ha a disposizione. Ci si chiede così se i millennials saranno in grado di trasformare il mondo. Ma in realtà è la loro generazione a essersi trasformata rispetto alle precedenti, per seguire (o inseguire) un mondo che hanno trovato già cambiato.
 
La puntata della trasmissione “Le letture di Radio24” di domenica 29 gennaio in cui sono stati letti alcuni passaggi dell´articolo

Millennials all'italiana

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